mercoledì 28 ottobre 2009

Avere Tempo

DI MARCO CANESTRARI
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Abbiamo già visto che nei paesi in cui le masse sono controllate c’è sempre un alto livello di stress. Come nelle sette a controllo mentale, uno dei perni centrali per massimizzare la manipolazione emotiva dei membri è che devono essere sempre tenuti occupati a fare qualcosa, senza avere abbastanza tempo per organizzarsi diversamente. Quindi, se vogliamo un certo livello di libertà, dobbiamo impegnarci a favorire degli stili di vita in cui viene garantito un sufficiente spazio a qualsiasi attività non pianificata, anche quelle non produttive. Nel mondo moderno si vive di corsa nella paura di perdere il modello di vita imposto dalla propaganda. Il possesso del superfluo diventa una fonte di tensione, figuriamoci dunque quale forza possono avere le pressioni mentali subite dalle persone che stanno nei gradini più indifesi della società, quelli che non hanno certezze nemmeno sui beni primari.

Il consumo è direttamente collegato al guadagno economico e quindi su larga scala al potere politico e mediatico. Infatti, la preoccupazione maggiore di chi ha interessi estesi a livello mondiale è che possa diminuire il consumo e quindi il potere di controllare il sistema. I Mass Media influenzati da gruppi privati, quindi, ci abituano fin da piccoli che la soluzione a tutti i nostri mali sociali è essere positivi e consumare di più. Lo schema in cui siamo immersi è quello del “Fare”: Diventiamo sempre più efficienti nell’ottimizzare i tempi, pianifichiamo e ci specializziamo senza però avere colto il senso profondo delle nostre azioni. Non abbiamo più la serenità di affrontare i problemi collettivi con una visione d’insieme perché la nostra principale preoccupazione è avere una sicurezza economica personale sempre più stabile e non essere tagliati fuori dal sistema. Ci sacrifichiamo così a fare un lavoro che non ci piace, sopportiamo pressioni psicologiche trascurando il nostro riposo e la nostra salute.

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Più viviamo in una situazione di urgenza e stanchezza e più le azioni che facciamo sono approssimative e senza troppa riflessione. Per noi è prioritario lavorare sempre di più, magari a condizioni sempre peggiori, piegandoci in nome dell’urgenza di reperire sufficiente denaro. La necessità di guadagnare viene utilizzata come la maggiore forma di ricatto per gestire le masse sotto una linea uniforme. In una situazione di paura i valori sbiadiscono e, chi riesce a rimanere a galla, anche sfruttando le persone più deboli, non viene esageratamente condannato. Le enormi tensioni e i disagi accumulati vengono sfogati incolpando chi è meno efficiente o chi non si sacrifica come abbiamo dovuto fare noi. In questa maniera contribuiamo a fare il gioco di chi vuole manipolarci, incoraggiando una vita misera e incompleta. L’energia che deriva dalla cooperazione viene ridotta al minimo determinando l’ambiente migliore per sfruttare le masse: quello del “tutti contro tutti”.

 

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Come si risolve questo problema? Prima di tutto ripristiniamo le condizioni sociali che ci permettono di affrontarlo. Dobbiamo diffondere il consenso ad avere una parte consistente della nostra vita libera dalle occupazioni. E’ di fondamentale importanza ritagliarsi un tempo ben definito che non sia invaso da pressioni esterne. E, a meno che non facciamo parte di una classe sociale veramente agiata, questo spazio non può essere ricavato senza lavorare di meno. Alleggeriamoci del superfluo e Impariamo a spendere molto meno di quanto gli standard della vita sociale vorrebbero imporre. Allentiamo la morsa innaturale degli impegni e riprendiamo confidenza verso ritmi più naturali e consoni all’uomo. Nessuno si sforzerà per fornirci tale spazio, siamo noi che dobbiamo fermarci e costruircelo andando contro corrente e accettando quella dose di “rischio” che deriva dal non uniformarsi nelle consuetudini sociali.

Finché non affrontiamo la vita con il cuore e la mente calmi non ci daremo la possibilità di valutare la situazione d’insieme e organizzarci verso un cambiamento definitivo. Non possiamo uscire dalla routine in cui siamo immersi se ogni parte della nostra vita è già pianificata e ogni piccola deviazione dai binari la viviamo come un peso. Solo quando la mente non è occupata ci diamo la possibilità di affrontare la vita nella sua totalità, rivalutandone anche le basi, se necessario. Non è facile smettere di avere la mente piena delle certezze che ci hanno inculcato, ma quando accade, in quei momenti possiamo trovare qualcosa che ha più valore di un’intera vita passata a produrre: Possiamo uscire dal vecchio schema mentale e scoprire per la prima volta qualcosa di veramente nuovo, imprevisto e creativo.

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martedì 13 ottobre 2009

La Rabbia non è più Rivoluzionaria

DI MARCO CANESTRARI
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Nell’immaginario collettivo è presente il concetto di rivoluzione associato a quello di rabbia. La rabbia è stata spesso utilizzata nelle insurrezioni popolari e nelle guerre, ed è facilmente sfruttata per manipolare e sobillare le folle. In breve, la rabbia, può servire a darci maggiore impeto e forza quando vogliamo distruggere qualcosa. Ma cosa accade quando il nemico da combattere non è un singolo dittatore né un gruppetto di persone di una certa ideologia politica, ma è l’intera società di cui tutti facciamo parte? Se dobbiamo affrontare il mondo nella sua interezza, e non una sua parte, allora la rabbia ci può essere utile?

La struttura sociale mondiale è fortemente radicata nei campi più vari. E’ determinata dai nostri stili di vita, dai nostri modi di pensare, dalle nostre aspirazioni, dalle nostre paure, dalle nostre conoscenze e informazioni, e tutto ciò a sua volta è interconnesso con il potente impianto mediatico, militare, politico ed economico. Abbiamo di fronte un nuovo nemico, che è il prodotto delle coscienze ogni singolo individuo del pianeta e non si può combattere se lo affrontiamo un pezzo alla volta, perché l’interconnessione di tutte le sue parti è ormai imprescindibile. Allo stato attuale, se non si affronta il problema con una visione d’insieme, potremo, al massimo, sostituire la facciata del problema e spostare sempre più nel futuro la soluzione della sua vera radice. E’ superficiale pensare di poter risolvere il problema definitivamente, affrontandolo solo dal punto di vista sociale o solo politico, o solo dal punto di vista economico. La questione non sarà messa a tacere nemmeno affrontando un singolo partito o un singolo gruppo economico. Al contrario dei problemi conosciuti nel passato, ora abbiamo la necessità di apportare un cambiamento generale in tutta la struttura, e non solo in una sua parte. Per rivoluzionare completamente il sistema sociale è necessario quindi un consenso ampissimo che agisce su molti fronti contemporaneamente. Finché il consenso è parziale e frammentato, al massimo avverranno continue sostituzioni di leader o di partiti politici, ma sempre mantenendo inalterato il meccanismo di base che genera la maggior parte dei problemi moderni.

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E’ quindi necessario preparare e curare un ambiente che sia più fertile possibile per lo sviluppo di un consenso senza divisioni, trasversale a qualsiasi possibile gruppo o ideologia. In questo, la rabbia, non è mai completamente imparziale: ha sempre un oggetto, spesso mentale, verso cui è indirizzata. Quando nella società è presente la rabbia allora ci sono delle divisioni fra gruppi di persone: chi prova rabbia e chi si sente oggetto della rabbia. Nelle ideologie che supportano la rabbia c’è sempre una parte di società che si sente offesa e quindi freniamo alcune parti che invece dovremmo rendere ricettive all’ apprendimento. Alcuni esempi classici sono l’animalista aggressivo verso chi maltratta gli animali, oppure il comunista indignato verso chi ha il potere economico e sfrutta gli indifesi. Se vogliamo favorire un risultato diffuso dovremmo invece riuscire a stimolare ogni componente della società ad essere aperto a riflettere. Per capirci: Il nostro maggiore vantaggio lo abbiamo quando anche chi maltratta gli animali e chi sfrutta gli indifesi è incentivato a capire le sue incoerenze senza sentirsi minacciato.

La parte della società che è aggredita ideologicamente o fisicamente non sarà mai stimolata ad accettare le idee opposte, anzi, spesso reagirà proteggendosi e rinvigorendo la divisione. Vediamo in televisione e sui giornali la violenza degli stupratori, poi gli xenofobi esprimono rabbia verso gli stupratori stranieri, poi una parte della popolazioni esprime rabbia verso gli xenofobi… C’è una catena di rabbia senza fine. Come molti sanno, le divisioni non fanno altro che limitare lo sviluppo dei consensi dal basso. Un clima di divisioni e incertezze limita il peso della volontà dei cittadini a favore del peso di chi impartisce le soluzioni dall’alto. Non cambieremo mai l’origine di questo nuovo problema senza avere un consenso indiviso. E, Se dobbiamo ottenere un consenso veramente ampio allora la rabbia è solo un freno.

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Una volta che si inizieranno a diffondere i semi adatti, allora nuove piantine germoglieranno liberamente in ogni parte del mondo, spesso in modi inaspettati. Il terreno più fertile per favorire le introspezioni che portano alla comprensione è un ambiente pieno di calma e sicurezza. La rabbia non è più rivoluzionaria, abbiamo una nuova arma che dobbiamo imparare ad usare con cura... E’ la più efficiente e vantaggiosa per il mondo intero: La Serenità.

 

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venerdì 9 ottobre 2009

Il Denaro non è una Risorsa

DI MARCO CANESTRARI

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La qualità della nostra vita dipende dall’ambiente, dalla casa in cui viviamo, dalla nostra alimentazione, dai nostri sistemi di trasporto, dai nostri vestiti, da alcuni beni materiali e soprattutto affettivi. E’ data dalla serenità e libertà con cui godiamo di tutto ciò. Anche le conoscenze e le competenze degli uomini della terra possono essere considerate una risorsa utile allo sviluppo di una vita felice, sana ed equilibrata. Il denaro invece non è una risorsa, non crea energia di per sé, fa solo da misura di scambio fra due risorse reali esistenti in precedenza. La banconota ha convenzionalmente quel valore di scambio fintanto che noi abbiamo fiducia che venga accettata da chi ci vende un servizio. Non ha un valore determinato da Dio o dalle leggi fisiche. Il Sole è un esempio di risorsa suprema dall’inizio dei secoli, la banconota invece non è simile alla Natura. Non possiamo mangiare una banconota e difficilmente con essa ci possiamo proteggere dal freddo, al massimo può essere utile per accendere il camino…

Zappiamo la terra, innaffiamo, seminiamo e poi raccogliamo i frutti. Abbiamo organizzato le risorse per creare energia. Studiamo, acquisiamo conoscenze e competenze, ci scambiamo informazioni, facciamo esperimenti e scopriamo un farmaco che guarisce da una malattia prima incurabile, questa conoscenza la diffondiamo all’umanità: Stiamo organizzando energia nel migliore dei modi.

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Ma cosa accade se invece di vedere il denaro come una meccanica misura di scambio lo consideriamo un valore a sé? Cosa accade se chi trae profitto da questi modi di vedere il mondo utilizza il suo potere e i Media per influenzare intere generazioni? Cosa accade a tutti quegli aspetti della vita che non portano un guadagno economico ma sono fondamentali per il nostro benessere, come ad esempio la scuola o la sanità? Se ad esempio l’industria che investe per la ricerca dei farmaci lo fa solo per un guadagno economico e poi limita l’accesso a quei farmaci solo a chi può permetterselo economicamente? Accade che ogni persona è costretta ad avere sempre più denaro per avere accesso alle risorse, e quindi è costretto a impegnare la sua unica vita per produrre e guadagnare sempre di più. Infine, l’unica spinta per le attività umane diventa la massimizzazione del guadagno. Con queste enorme pressioni economiche inizia la paura di rimanere senza risorse sicure e il conseguente sfruttamento da parte di chi  ha più denaro verso chi ne ha di meno. Si perde di vista il senso reale dell’esistenza: vivere con felicità.

Impariamo a conoscere l’intera struttura sociale: la terra ha sempre dato frutti indipendentemente dal denaro e i motivi per esprimere le nostre potenzialità sono sempre esistiti in noi da prima dell’invenzione del denaro. La voglia di conoscenza, l’amore, la sensibilità e l’intelligenza sono una fonte inesauribile di energia. La vera sicurezza verrà trovata solamente quando si ragionerà in termini di umanità e non più guardando solo fino al recinto del proprio orticello. Cerchiamo di organizzare le risorse nella maniera più efficiente per il mondo intero tenendo bene presente l’unico vero senso dell’uomo: massimizzare la propria qualità della vita, la propria serenità fisica e mentale. Tutto il resto è un accessorio.

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Iniziamo occuparci di quello che ci fa stare bene e che sentiamo sia giusto, anche senza avere un ritorno economico. Oltre a vivere la nostra esistenza con più pienezza, contribuiremo a fare girare energie e risorse che non costringono nemmeno i più deboli a limitare la propria vita al “guadagnare per sopravvivere”.

 

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giovedì 1 ottobre 2009

Quale è L’Essenza del Capitalismo? Poca Sensibilità

come controllare le masse nei sistemi democratici, i video

PARTE 13: La ricerca del potere, dell’affermazione dell’io e della sicurezza individuale è in noi.  Non è un nemico cattivo diverso da noi stessi, e il suo significato va visto nel posto che ha insieme a tutte le altre volontà individuali. Dove è il problema? Il problema è che l’uomo sano non ha solamente questo tipo di istinti, ma un vastissimo arcobaleno di desideri e sensazioni. Il problema si pone cioè quando l’individuo (o il gruppo) si isola chiudendosi nel proprio obiettivo di potere trascurando ogni altro aspetto di sensibilità verso il mondo esterno, verso le volontà e i desideri degli altri e verso tutto l’ambiente in cui vive.

 

CLIKKA QUI PER LEGGERE IL TESTO DEL’ARTICOLO ORIGINALE

 GRUPPO FACEBOOK SUL CONTROLLO DELLE MASSE NEI SISTEMI DEMOCRATICI

 

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