mercoledì 2 febbraio 2011

Contro Chi ce la Dobbiamo Prendere?

DI MARCO CANESTRARI

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Dov’è il nemico? A chi lanciare sassi? A chi tirare pugni? Una volta riconosciuta l’esistenza del problema, per sradicarne definitivamente le fondamenta, bisogna individuare con precisione la sua causa. Spesso sentiamo persone che, in preda allo sconforto, si sfogano con rabbia di fronte ad un problema, magari con il tipico modo di dire: “Io gli butterei una bomba e li farei saltare tutti in aria”. Ma, di fronte ad una crisi sistemica, generalizzata, che pervade ogni campo della società in maniera diversa da qualunque altra crisi mai affrontata, a chi dovremmo metaforicamente tirare la bomba, secondo queste persone?

La tiriamo al rappresentante del sistema che più facilmente ci troviamo davanti? Quindi all’ultimo gradino dello sfruttamento del potere? La tiriamo ai piani intermedi? Quelli che: “Io, per legge, devo applicare le direttive che mi impartiscono dall’alto”? La tiriamo al vertice della piramide, nel parlamento, fra i primi in quella distorta rincorsa verso una sicurezza personale di cui tutti abbiamo bisogno, specialmente in periodi di crisi? E poi? Basta così? Per evitare che un nuovo politico si segga sulla stessa vecchia poltrona bisognerebbe andare più in alto ancora, seguendo con coerenza questa linea, come possiamo lasciare fuori i potenti fra i potenti, ovvero quell’élite che controlla la maggior parte del denaro e della ricchezza del pianeta: i grandi banchieri e le amministrazioni delle grandi multinazionali? Loro non hanno nessuna parte in causa? E poi? Tolto un banchiere si sostituisce con un altro, allora tiriamo una gigantesca bomba sull’intero sistema economico e mediatico, che, come una morsa, tiene il mondo intero sempre più stretto e fa sentire ogni giorno la sua instabilità e le sue crepe. Allora, perché non tirarla anche sul popolo che, in fondo ha avallato nel corso degli anni questi modelli di vita e queste culture? Perché, come dicono molti “anche il popolo ha la sua parte di colpa, è stupido, superficiale, ignorante e si merita tutto ciò che ha votato”. Oppure, in preda ad un incantesimo collettivo fatto di rabbia accumulata, disperazione, senso di impotenza e depressione, facciamo scomparire l’umanità intera, perché, come a volte si sente dire “l’uomo è il cancro della terra, è destinato all’autodistruzione, e speriamo che si estingua il prima possibile”?

Se affrontiamo il problema del mondo con lucidità, possiamo vedere chiaramente che nessuna di queste parti può essere considerata come estranea a tutto il meccanismo. Ogni parte, infatti, è collegata ed interagisce con resto, come in un enorme organismo. Perché allora non facciamo un’introspezione profonda anche dentro di noi? È possibile che il “male” riempia in maniera così capillare l’universo intorno a noi, mentre noi siamo ogni volta dalla parte del giusto? Perché non facciamo l’enorme salto di qualità di capire che tutti siamo in qualche misura fra le cause del problema? In quel momento la visione d’insieme non ci porterà all’autodistruzione, ci farà comprendere invece che quando la crisi è così profonda e generalizzata da diventare sistemica, allora non serve a niente prendersela con qualcuno. La cosa più costruttiva da fare è affrontare il problema complessivamente, in maniera positiva verso tutte le persone che ne fanno parte, senza escludere nessuno, iniziando dalle basi a proporre soluzioni e partecipando alla loro realizzazione. Tutti facciamo parte del problema, allora, su chi puntiamo il dito oggi?

Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente,
per cambiare qualcosa, costruisci un modello che renda la realtà obsoleta

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