sabato 30 aprile 2011

L’Importanza di Essere Costruttivi

DI FAUNO LAMI

In un frammento storico come il nostro, in cui si vive sotto la pressione di costanti e frenetiche provocazioni mediatiche, non bisogna cedere alla tentazione dello sfogo istintivo e fine a se stesso. La vera sfida nella situazione in cui ci troviamo è quella di riuscire ad incanalare le proprie forze in un'azione che va oltre noi stessi. Un'azione che non si limita a reagire alle provocazioni, ma che invece rappresenta una valida alternativa. Ricordiamoci inoltre che non è possibile vivere nel vuoto. Se distruggiamo qualcosa, presto qualcun'altro provvederà a rimpiazzarla. Ed il risultato potrebbe essere anche peggiore del precedente. Per non vivere in un mondo di macerie dobbiamo quindi riuscire ad individuare le basi del nostro pensiero e ricostruirle con le nostre mani, secondo il modello che crediamo migliore.

Dobbiamo passare dal ruolo di semplici comparse, che puntando il dito individuano il problema, a protagonisti delle nostre scelte e delle nostre azioni, proponendo un modello alternativo che ci porti tutti ad un livello successivo.

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martedì 26 aprile 2011

L'Oro e la Vergogna Nascosta

DI JO

oro

Sin dai tempi antichi lo scintillante e brillante metallo ha affascinato donne ed uomini. L'oro ha sempre conferito potere ed eleganza a chi lo possiede. E' diventato uno status simbol e misura la ricchezza dei paesi che lo possiedono. Per comprare un grammo d'oro in borsa oggi occorrono 32 euro, il prezzo dei gioielli in oro invece è di gran lunga più elevato.

L'oro è un metallo presente in natura nel sottosuolo. In particolare lo si trova in grandi quantità nel Sud America ed in Africa, continenti ricchissimi di materie prime ma che risultano di fatto poverissimi a livello economico e finanziario. Tra i Paesi maggiori estrattori troviamo il Perù che conta un gran numero di cave (illegali) distribuite specialmente nei dintorni di Madre de Dios: una regione remota nel centro del paese che ha pochissimi addensamenti urbani ed è costituita da parchi nazionali di interesse mondiale con scopo di tutelare l'ecosistema della foresta amazzonica peruviana. Il richiamo di un facile guadagno, seppur misero in relazione alle quotazioni del prodotto sui mercati finanziari, è una tentazione a cui in molti nel povero Perù non sanno resistere. Spuntano moltissime cave illegali che tra corruzione e voluta indifferenza dei politici estraggono l'oro. Le cave hanno bisogno di spazi aperti vicino ai fiumi sul cui fondale è presente il metallo. Vengono quindi disboscati ettari ed ettari di foresta pluviale. Instancabilmente i macchinari rosicchiano i letti dei fiumi e delle loro sponde causando danni ambientali di enormi proporzioni. Basta pensare che nella riserva comunale di Amarakaery esiste una cava illegale attiva da 30 anni la quale ha nel tempo generato una cicatrice nella foresta che è addirittura visibile dallo spazio. Cosa questo significhi per la flora e la fauna del luogo è immaginabile da tutti, ma il problema non è solo confinato nei paraggi delle cave. Per separare l'oro dalle rocce, infatti, si usa il mercurio che dopo la lavorazione viene riversato nelle acque dei fiumi andando ad inquinare in modo irreversibile  i bacini idrici e la foresta amazzonica fino ad immettersi nel ciclo dell'acqua. Solo lungo il Rio Madre de Dios sono attivi oltre 4000 punti di estrazione che quotidianamente immettono nel fiume ognuno 1500 litri di acqua contaminata. Ogni giorno vengono riversati solo nel Rio Madre de Dios 6 milioni di litri di acqua inquinata dal mercurio. E' sconcertante quanto succede. Il sistema volutamente insabbiato che emerge evidenzia il fatto che l'uomo continui ad essere un parassita per questo pianeta, essendo l'unica specie che decide deliberatamente e consapevolmente di distruggere il proprio ecosistema in nome del denaro. Trovo importantissimo ricordare di collegare questi dati con gli anelli, orecchini, collane, bracciali e quant'altro adorna i corpi di donne ed uomini; tutti dobbiamo sapere che la ricchezza di cui i nostri paesi si vantano si misura in oro e quindi in eco-distruzione. Non possiamo attendere che le risposte giungano dall'alto e che le soluzioni vengano proposte da chi nuota felice in questo scempio: siamo noi che dobbiamo farlo. Torna il concetto di "voto con il portafoglio" unica arma che queste persone temono. Non comprate e non investite in oro, ma fatelo nel futuro. Le soluzioni sono sempre possibili, per ogni problema.

Se la politica lo trovasse interessante si potrebbe trovare un modo che permettesse al pianeta di assicurarsi ossigeno ed acqua per il futuro e contemporaneamente farebbe trovare economicamente interessante la non distruzione della foresta amazzonica (le cui altre minacce più imponenti sono la deforestazione non controllata per il commercio del legno e i danni ambientali causati dai produttori di cocaina). Basterebbe tassare tutto il pianeta per il valore di 1 euro a persona l'anno per salvare la foresta amazzonica. Il "polmone del pianeta" avrebbe un'assicurazione sulla vita che frutterebbe  60 miliardi di euro l’anno.  Chi mai più gli torcerebbe un solo fil d'erba?

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venerdì 22 aprile 2011

La Libertà è Ordine

DI JIDDU KRISHNAMURTI

spirale

La persona sana non ha bisogno di disciplina; solo lo squilibrato ha bisogno di restrizioni, di rifiuti, ed è vulnerabile di fronte alla tentazione. Le persone sane sono consapevoli dei propri desideri, delle proprie brame e la tentazione non sanno neanche che cos’è. Le persone sane sono forti senza saperlo. Soltanto la persona debole conosce la propria debolezza; da ciò nasce l’attrattiva e la lotta contro la tentazione.

Se voi tenete gli occhi aperti – non soltanto gli occhi della mente ma anche quelli del corpo – la tentazione non esiste. Chi è disattento si ritrova invischiato nei problemi alimentati dalla sua stessa disattenzione. Ciò non significa che le persone sane non abbiano desideri. Ma per loro non è un problema. Il problema nasce solo quando il desiderio viene trasformato in piacere dal pensiero. È contro questa ricerca del piacere che l’uomo oppone resistenza o perché sa che implica dolore, o perché l’ambiente e la cultura gli hanno inculcato la paura di un piacere ininterrotto. La resistenza sotto qualsiasi forma è violenza, e tutta la nostra vita è basata su questa resistenza. La resistenza diventa allora disciplina. La parola disciplina, al pari di molte altre parole, è pesantemente caricata e variamente interpretata da famiglia a famiglia, da comunità a comunità e da cultura a cultura. Disciplina significa apprendimento. Apprendimento non significa esercizio, imitazione, dipendenza. Imparare a comportarsi, a interagire nel rapporto, è la libertà di guardare a se stessi, alla propria condotta. Ma questo guardarci così come siamo non è possibile se la libertà viene negata. La libertà è quindi necessaria per acquistare nozioni su qualsiasi cosa: su quel cervo, su quel serpente e su noi stessi. L’addestramento del militare e l’adesione all’insegnamento del prete sono la stessa cosa, e l’obbedienza è resistenza alla libertà. È strano come noi non siamo andati al di sopra e al di là dell’angusto ambito della repressione, del controllo, dell’obbedienza e dell’autorità del libro. In tutti questi ambiti infatti la mente non potrà mai fiorire. Come può mai fiorire qualcosa nelle tenebre della paura? E tuttavia è necessario darsi un ordine; ma l’ordine della disciplina, dell’esercizio è la morte dell’amore. È necessario essere puntuali, solleciti. Ma se questa sollecitudine è imposta, diventa superficiale, una cortesia formale. L’ordine non va cercato nell’obbedienza. Quando viene compreso il caos dell’obbedienza nasce un ordine assoluto, come in matematica. Non che prima esista l’ordine e poi venga la libertà: la libertà è ordine. Essere privi di desideri significa essere disordinati; ma comprendere il desiderio con i suoi piaceri significa essere ordinati. Certamente, in tutto questo, l’unica cosa che produce un ordine perfetto – senza la volontà che organizza, aderisce, afferma – è l’amore. E senza l’amore l’ordine istituzionalizzato è anarchia.

Voi non potete coltivare l’amore, così come non potete coltivare l’ordine. Non si può addestrare un essere umano all’amore. Da questo addestramento emerge l’aggressività; e la paura. Allora che cosa bisogna fare? Voi tutti vedete quel che accade; vedete il male infinito che l’uomo infligge all’uomo. Ma non vedete quanto straordinariamente positivo sia il ripudio; il ripudio del falso è verità. Non che il ripudio debba essere sostituito dalla verità: l’atto stesso del ripudio è verità.

Vedere è fare, e non dovete fare niente altro.

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mercoledì 20 aprile 2011

La Televisione è il Media del Controllo

DI MARCO CANESTRARI

Nei paesi democratici dove i cittadini possono esprimersi liberamente con il voto, per poter controllare la popolazione è necessario avere accesso ad una parte consistente dei media. In questo breve video girato durante uno dei corsi per le scuole di Marco Canestrari viene messo in evidenza il ruolo fondamentale della televisione come strumento di controllo. In particolare al giorno d'oggi sono le televisioni la principale fonte informativa, perché solo una ridotta minoranza di persone legge libri e giornali o si informa tramite la rete. Internet, radio e giornali, dunque, hanno scarso peso in quanto sono di impatto secondario sulla psiche delle masse e sulla formazione di mode, culture, opinioni e consensi.

Nessun canale si presta meglio di quello televisivo per manipolare le grandi masse, specialmente per periodi di tempo prolungati, e ciò grazie appunto alla forte influenza emotiva che la tv riesce a veicolare.

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domenica 17 aprile 2011

Il Senso della Democrazia Diretta

DI ENRICO GALAVOTTI

Colours

Nella storia le tragedie avvengono soprattutto non quando si ha torto (come nelle dittature), ma quando si ha ragione e si pretende di averla (come nelle dittature che sostituiscono altre dittature). Cioè quando le proprie ragioni, che possono essere anche migliori di quelle altrui o di quelle precedenti temporalmente alle nostre, vengono imposte con la forza. E' sotto questo aspetto singolare che chi ha ragione e pretende di averla, non s'accorge che se c'è una cosa che contraddice la verità è proprio l'uso della forza.

C'è solo un caso in cui la forza smette d'essere tale e diventa diritto: quando è la forza della stragrande maggioranza di una popolazione (o di un intero paese). In questo caso si è soliti dire che vi sono più probabilità che la ragione stia dalla parte della grande maggioranza, ammesso (e non concesso) che sia possibile stabilire effettivamente la volontà di questa maggioranza. Il "non concesso" è d'obbligo là dove si pensa di stabilire tale volontà limitandosi a quella parodia di democrazia che è l'elezione dei parlamentari. Quando la popolazione avverte l'esigenza di esercitare la forza come un proprio diritto, significa che non si sente rappresentata da chi la governa, ovvero che al governo si sta usando la forza contro gli interessi della grande maggioranza della popolazione, si sta usando la forza per violare dei diritti generali, che a tutti bisognerebbe riconoscere. E' a quel punto e solo a quel punto che alla forza di una risicata minoranza detentrice del potere, bisogna opporre la forza della grande maggioranza che lo subisce. Solo a quel punto la forza diventa violenza rivoluzionaria, avente cioè lo scopo di abbattere il governo in carica con una insurrezione popolare. Tuttavia la storia ci dice che le tragedie avvengono proprio quando si è abbattuto il governo autoritario in carica. Infatti succede sempre che i trionfatori credono d'essere autorizzati a servirsi delle loro ragioni come occasione per imporre una nuova forza. Col pretesto di dover abbattere tutti i nemici che ancora cercano di opporsi al nuovo governo, si impongono nuove servitù, nuove costrizioni, spesso peggiori delle precedenti. E il popolo, abituato a obbedire, ingenuamente le subisce, le accetta passivamente per il bene comune, pensando a una qualche "ragion di stato".

Tutte le rivoluzioni sono fallite proprio perché i vincitori finivano col comportarsi come i vinti. Persino quando le ragioni sono state di tipo "socialista", si è verificato questo fenomeno. Bisogna dunque trovare il modo per scongiurare un'involuzione della democrazia. E l'unico non può essere che quello di affidare allo stesso popolo le sorti del proprio destino. Chi lo avrà guidato alla vittoria, dovrà riconoscergli la capacità di autogestirsi e di difendersi da solo contro eventuali nemici. Il popolo deve sperimentare il significato della democrazia diretta, autonoma, localmente gestita, dove l'esigenza di affermare una qualche forma di centralismo può essere determinata solo da un consenso preventivo, concordato e motivato da parte delle realtà locali, che possono stabilire un patto tra loro al fine di realizzare un obiettivo specifico. La democrazia o è diretta, locale, autogestita, o non è. La democrazia delegata, centralizzata, nazionale o sovranazionale ha senso solo se è temporanea e solo se le prerogative sono ben definite dalle realtà locali territoriali. Se si escludono i momenti particolari delle guerre contro un nemico comune, occorre affermare il principio che vi è tanta meno democrazia quanto più chi la gestisce è lontano dalle realtà locali. Ecco in tal senso è possibile usare l'idea di "federalismo" per spingere la democrazia verso obiettivi più significativi di quelli attuali, che non possono certo essere quelli di rendere il capitalismo più efficiente, né quelli di scegliere, come contromisura al rischio di una disgregazione sociale, di aumentare i poteri dell'esecutivo (che alcuni vorrebbero trasformare in "presidenzialismo").

Per conservare l'unità nazionale non c'è bisogno di alcun presidenzialismo. Se le realtà locali (federate tra loro) sono democratiche, è la democrazia stessa, è la sua intrinseca forza etica e politica, a tenere unita la collettività nazionale e internazionale. Ma perché questa democrazia non sia una mera formalità della politica, occorre che da essa si passi al "socialismo", cioè alla gestione comune delle risorse vitali, alla socializzazione dei mezzi produttivi, in cui il primato economico passi dal valore di scambio al valore d'uso.

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venerdì 15 aprile 2011

Non Concentrare la Mente

 

concentrare

Una volta il maestro Torei stava parlando dell’insegnamento buddhista a Saga, un paese sulla montagne di Kyoto. Si era in pieno inverno e faceva così freddo che tutti gli ascoltatori tremavano. Torei tuonò: «Quelli di voi che si fanno spaventare dal freddo dovrebbero tornarsene alla vita mondana subito! Come potete imparare lo Zen? Perché non lo cercate nei vostri cuori? I pesci vivono nell’acqua, ma non sanno che c’è l’acqua; gli uomini vivono nella sublime verità, ma non conoscono la verità».

Tra gli ascoltatori si trovava Kanazawa Doni: udendo queste parole del maestro Torei, ottenne all’improvviso l’illuminazione. Più tardi spiegò: «L’insegnamento consiste nel non concentrare la mente sulle cose esterne». E aggiunse: «Ecco che cosa significa raggiungere la buddhità nel nostro stesso corpo». Il problema non è tanto l'avere freddo o meno. La storia ci racconta che si era in inverno e che faceva tanto freddo. E allora? La questione non risiede nel fatto che gli ascoltatori tremino. C'è freddo, magari sei coperto poco e allora tremi. Cosa c'è di male? Nulla: anzi, il tutto è del tutto naturale. Solo che Torei capisce che c'è chi, tra i monaci che lo ascoltano, 'teme' il freddo. Se temi, sei ostruito, sei succube, sei ostaggio di questo o di quello, di una situazione o di un'altra, eventualmente anche di un clima. Lo stato di timore, chiude, minaccia la condizione di disponibilità, di apertura. E infatti Torei dice: è impossibile che voi impariate lo zen se siete in preda al timore nei confronti del freddo. È come nella storiella di quello che va a un concerto e si rovina tutto l'ascolto dubitando di non aver chiuso a chiave l'auto! Soprattutto lo stato di timore è indice spesso di una non-accettazione, di un non riconoscimento della realtà, di una mancata aderenza ad essa. Quando è caldo, hai caldo; quando è freddo, hai freddo: cosa c'è di strano in questo? per quale motivo esserne turbati? Temere il freddo è la conseguenza di un certo uso della mente. Temere il freddo è fermare la mente su un aspetto della realtà, bloccarla, crocifiggerla: concentrarla. È del tutto naturale un coinvolgimento della mente nella realtà, è vitale un interscambio tra mente e realtà; ma se concentri la mente, se la fissi in qualche dimensione della multiforme e mutevole realtà, allora la opprimi, la releghi a un vicolo cieco, le chiudi ogni via. Non la fai pascolare nello spazio sconfinato della verità. Se suona il telefono, vado a rispondere: agisco in modo confacente a uno stimolo esterno, alla realtà che mi si presentifica. Ma se non suona nessun telefono e la mia mente è in attesa bramosa dello squillo, allora la mia mente è fissata, è costretta e fuori da ogni disponibilità rispetto alla realtà: sono lì in attesa, mi passi vicino e mi chiedi che ora è e io ti mando a quel paese! Quindi la questione è essere a contatto con le cose esterne, vederle, riconoscerle, rimanere in uno stato di quieta e benevolente apertura verso di esse; se ci riesco, riesco anche ad essere libero, altrimenti ne divengo ostaggio.

Concentrare la mente su questo o su quello denota anche un particolare approccio alla realtà, che è quello di ricerca, di aspettativa, dualistico per eccellenza. Concentro la mente su questa cosa, rifuggendo qualcos'altro. Divido la realtà in ciò che mi piace e ciò che non gradisco. Divento un servo della contingenza, invece che un liberato in essa. È qui il senso della metafora dei pesci nell'acqua. Se ritenessi che sia auspicabile 'conoscere la verità', la dovrei intendere come un oggetto, come qualcosa da qualche parte, da scovare e di cui appropriarsi. Sarei come un pesce in cerca di acqua. Un assurdo! Ma la questione non è cercare: piuttosto è accorgersi, è vedere. Non è voltare la testa, ma aprire gli occhi. Le grandi esperienze non provengono da un processo conoscitivo, ma partecipativo, unitivo, disidentificativo: l'amore, una bella poesia, la natura, un quadro.

È così che vivo la verità, è così che sono immerso in questo flusso indefinito, senza inizio e senza termine, mutevole e amorevole, silenzioso e sinfonico.

Fonte:http://www.lameditazionecomevia.it/nonconcmente.htm

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mercoledì 13 aprile 2011

La Spettacolarizzazione della Morbosità

 

In occasione della conferenza sul Controllo Masse, tenutasi a Soriano nel Cimino (VT) lo scorso novembre, Ecco Cosa Vedo incontra il sociologo Antonio Urbani. In questa intervista Urbani fa un’attenta ed interessante riflessione su come viene controllata la comunicazione e l’informazione nel nostro paese, soffermandosi in particolare sul potere suadente della pubblicità sui nostri gusti ma anche sulle nostre emozioni; l’influenza dei social network sul nostro modo di relazionarci agli altri e il ruolo dei media nella manipolazione mentale delle masse.

Si assiste ad una spettacolarizzazione della vita quotidiana, con una morbosità latente della società sui temi violenti col conseguente isolamento e povertà di relazioni sociali. Lasciamo che siano i media, gli strumenti, a manipolarci distorcendo il nostro modo di vedere la realtà. Come limitare tutto ciò?

Per vivere una vita sana, conviviale, la comunicazione tra le persone deve essere reale e non falsata, con uno scambio positivo tra le parti.

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lunedì 11 aprile 2011

Aspiranti Ribelli

DI MARCO CANESTRARI

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Spesso, specialmente negli ambienti alternativi, si sente ripetere lo slogan che per non uniformarsi bisogna essere sovrani e leader di se stessi. Ma la persona “ribelle” che si isola nella sua individualità sta veramente fuori da quell’omologazione voluta da chi trae beneficio nel controllare la popolazione? Quale è il senso positivo profondo del “Non uniformarsi”?

Abbiamo già visto nei corsi su come si controllano le masse nei paesi democratici che una popolazione facilmente manipolabile deve essere frammentata, all’insegna del “Divide et impera”, con forti spaccature al suo interno e soprattutto incapace di proporre ed agire articolatamente come fosse un organismo unico. Deve essere composta da individui che non sono spinti a partecipare direttamente, con impegno ed interesse, nelle questioni collettive e sociali. L'individuo che contribuisce di più al rafforzamento di un potere repressivo ed autoritario è quello che non si sente in nessuna maniera parte del mondo in cui vive, che si distacca chiudendosi nel proprio io sentendosi superiore e più importante della massa. La massa deve essere vissuta da ognuno senza empatia come se fosse composta da tutti tranne noi stessi. In una società del genere, ognuno dovrebbe avere la necessità di cercare un po’ di sicurezza nel suo recinto, e sentirsi sempre meno coinvolto da quello che accade fuori. L’uomo medio dovrebbe voler guardare il mondo a distanza, senza sentirsi toccato in prima persona, come attraverso la protezione di uno schermo televisivo.

Quindi, il naturale desiderio di essere libero da pressioni psicologiche e materiali imposte da altri, se si esprime solamente nel piacere personale di sentirsi diverso (magari rendendo trasgressivo il proprio look oppure personalizzando il proprio modo di fare), trascurando però l’agire secondo una visione sociale ed ampia del vivere, allora è perfettamente integrato nel sistema di manipolazione, che incoraggia e premia appunto l’individuo egocentrico e con una scarsa sensibilità collettiva.

Al giorno d'oggi, una persona concretamente rivoluzionaria non si vede dall’eccentricità con cui vuole differenziarsi dagli altri, ma, al contrario, dal suo grado di partecipazione e coinvolgimento nelle questioni sociali e dalla sua capacità di cooperazione verso la soluzione dei problemi collettivi su ampia scala. La libertà, quella della non omologazione, come diceva qualcuno, nasce sempre dalla partecipazione, mai dall'isolamento.

Se non ti occupi di politica, la politica si occuperà di te

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venerdì 8 aprile 2011

Piccolo il Mio, Grande il Nostro

DI TIZIANO TERZANI

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I segni di quella rivoluzione, non politica, ma interiore, che mi sembra ormai la sola possibile e di cui vorrei ancora esser parte, mi parevano manifestarsi in vari modi, ovunque. E sempre di più. Si manifestavano all'interno delle stesse religioni istituzionalizzate -persino nell'Islam-, nei movimenti no-global, nei gruppi per i diritti umani, in quelli di volontariato ed ecologisti. Si manifestavano fra i giovani che non intendono rinunciare a sognare, fra le donne decise a riportare l'elemento femminile nella gestione delle cose umane.

Sono convinto che ormai in giro per il mondo, fra la gente più diversa stia crescendo una nuova coscienza di che cosa è sbagliato e di che cosa va fatto. Questa nuova coscienza è, a mio parere, il grande bene del nostro tempo. Va coltivata. Da lì, da quella nuova coscienza e non da una nuova religione, un nuovo profeta, un nuovo dittatore o liberatore, verrà la guida spirituale del futuro. La soluzione è dentro di noi, si tratta di conquistarla facendo ordine, buttando via tutto ciò che è inutile e arrivando al nocciolo di chi siamo. Più che assaltare le cittadelle del potere, si tratta ormai di fare una lunga resistenza. Bisogna resistere alle tentazioni del benessere, alla felicità impacchettata; bisogna rinunciare a volere solo ciò che ci fa piacere. Bisogna non abbandonare la ragione per darsi alla follia, ma bisogna capire che la ragione ha i suoi limiti, che la scienza salva, ma anche uccide e che l'uomo non farà alcun vero progresso finché non avrà rinunciato alla violenza. Non a parole, nelle costituzioni e nelle leggi che poi ignora, ma nel profondo del suo cuore. La strada da percorrere è ovvia: dobbiamo vivere più naturalmente, desiderare di meno, amare di più e anche i malanni come il mio diminuiranno. Invece che cercare le medicine per le malattie cerchiamo di vivere in maniera che le malattie non insorgano. E soprattutto, basta con le guerre, con le armi. Basta coi "nemici". Anche quello che faceva impazzire le mie cellule non era tale. Al momento siamo noi i nemici di noi stessi.

Bisogna riportare una dimensione spirituale nelle nostre vite ora intrappolate nella pania della materia. Dobbiamo essere meno egoisti, meno presi dall'interesse personale e più dedicati al bene comune. Bisogna riscoprire il senso di quel meraviglioso, lapidario messaggio sulla facciata del duomo di Barga in Garfagnana che lessi da ragazzo durante una gita scolastica e che da allora m'è rimasto impresso nella memoria.

"Piccolo il mio, grande il nostro".

FONTE: UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA

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mercoledì 6 aprile 2011

Il Pregio di Cercare Alternative

DI ENRICO GALAVOTTI

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L'intera vita occidentale è ormai diventata di un'assurdità inusitata. Non possiamo neppure dire: pur dopo sessant'anni di pace entro i confini di Stati Uniti, Europa e Giappone, perché diremmo una sciocchezza. Abbiamo in realtà avuto decine di conflitti regionali, in varie parti del pianeta, in cui in un modo o nell'altro siamo stati coinvolti, e la situazione sociale, interna alle nazioni economicamente più avanzate, mostra una crescente tensione, specie dopo l'ultimo dissesto finanziario originario negli Usa e propagandatosi ovunque. La crisi, generata dalle banche, dagli istituti finanziari, dalle borse, dalle speculazioni dei broker, da manager senza scrupoli e da affaristi di ogni risma, è stata fatta pagare ai lavoratori e ora che una timida ripresa sembra affacciarsi sui mercati, i livelli occupazionali restano al palo, anzi continuano a calare: ciò a riprova che le leggi del capitale sono opposte a quelle del lavoro.

Gli occidentali sembrano essere diventati un problema irrisolvibile per l'intero pianeta e, dopo il crollo del "socialismo reale", la loro cultura del business, in Cina, in Russia, in India, in Brasile e in tanti altri territori che fino a poco tempo o facevano parte del blocco socialista o appartenevano al cosiddetto "Terzo mondo", non è più vista come una sorta di invasione extraterrestre, ma come un modello da imitare, il più in fretta possibile, sfruttando a piene mani le risorse umane e naturali dei propri territori. Fondamentalmente noi siamo nocivi alla salute e all'ambiente, intenzionati a vivere di rendita sino al giudizio universale e privi di idee credibili, in quanto costantemente incoerenti nella pratica. Viviamo senza far nulla di davvero utile all'umanità. La quasi totalità dei consumatori occidentali non sa neppure l'origine di ciò che mangia, non conosce la fatica che ci vuole a produrre il proprio cibo. Noi conosciamo il nome dell'azienda che lo produce o lo smercia, ma non conosciamo chi materialmente lo realizza, in quali condizioni lo fa, se viene equamente retribuito. Sappiamo soltanto che di sicuro non è lui a decidere il prezzo dei suoi prodotti. Per il resto nulla di nulla, e poi con qualche scrupolo di coscienza parliamo di "commercio equo solidale". Non sappiamo da dove, precisamente, viene ciò che usiamo, a parte la generica provenienza della nazione. Anzi, quando ci dicono che molte cose provengono dal Terzo mondo, pensiamo di essere noi a fare un piacere a loro comprando i loro prodotti. Come se loro fossero sui mercati coi nostri stessi titoli. Che poi in fondo sono i nostri stessi monopoli che sui nostri mercati vendono i loro prodotti.

Anche quando pensiamo di essere utili a qualcuno, in realtà produciamo cose che altri han già deciso per noi (i proprietari dei nostri mezzi di lavoro); cose che sicuramente non faranno il bene della natura, poiché sono tutte artificiali (dove la chimica, i derivati del petrolio e altre sostanze di sintesi hanno assoluta preminenza); cose che faranno anche crescere il pil di una nazione ma che non miglioreranno la qualità della vita, proprio perché noi non sappiamo più cosa voglia dire "vivere in maniera naturale". Per noi "qualità" vuol dire "comodità", cioè ottenere le stesse cose e anche di più e meglio, il più velocemente possibile (per risparmiare sul tempo, che è un nemico mortale per l'obsolescenza dei macchinari), il meno faticosamente possibile (per risparmiare sul costo del lavoro) e, nel migliore dei casi (ma qui ci vuole una dirigenza davvero illuminata), il meno pericolosamente possibile, onde evitare che le spese della formazione incontrino ostacoli insormontabili nei problemi della sicurezza. In pratica "qualità della vita" vuol dire "godersi la vita", lasciando ad altri il compito di faticare e di rischiare veramente. "Qualità della vita" significa aver tempo libero da dedicare ai propri interessi individuali o di piccolo gruppo. Noi ci illudiamo di essere noi stessi quando pensiamo di poterlo essere in maniera autonoma. Quando p.es. viviamo da sedentari e quindi da alienati, ci ritagliamo un certo spazio per fare ginnastica, cioè per bruciare energie e restare in forma, non per produrre qualcosa di utile alla comunità (salvo il fatto che, se siamo in salute, la sanità pubblica spende meno per noi).

Le nostre case, per fare un altro esempio, non servono solo per mangiare e dormire, ma anche e soprattutto per viverci. La nostra vita è chiusa nelle quattro mura delle nostre abitazioni, che per noi sono un punto di forza del nostro benessere. Chiusi così, non abbiamo coscienza di nulla, non ci interessa più di tanto quel che sta fuori. Le news ci arrivano attraverso la televisione, mescolate assurdamente tra loro, dalle tragiche alle insulse, con assoluta indifferenza, come se fossero soltanto merci da vendere in un grande supermercato, dove pensiamo che la libertà stia nel poter scegliere tra venti dentifrici diversi. Le news dicono tante cose, ma su nessuna di esse si può far qualcosa. Si può soltanto cambiare velocemente canale, per vedere e sentire sempre le stesse cose. Chi naviga in rete pensa di poter "interagire" con qualcuno, illudendosi di poter incidere su qualcosa o di poter avere ampie conoscenze con cui amministrare meglio la propria vita. Si pensa che, essendo in tanti, un qualche potere di resistenza o di cambiamento delle cose, lo si abbia e a volte sembra effettivamente così. Ma i poteri forti non mollano, hanno più resistenza di noi, più mezzi, e tornano all'attacco, aggiustando il tiro delle loro restrizioni, il cui scopo è sempre quello di tutelare dei privilegi acquisiti. Non basta la rete virtuale per resistere, ci vuole anche quella reale. La nostra democrazia è la nostra dittatura quotidiana, che non ha bisogno d'essere feroce, in quanto ci ha già svuotati dentro. Siamo come pinoli chiusi, che all'apparenza sembriamo pieni, ma che si schiacciano al primo colpo. Ci siamo illusi che dagli operai, dagli studenti, dagli intellettuali progressisti, dalla Russia e dalla Cina comuniste, dal Terzo mondo anticapitalista o non-allineato potessero venir fuori idee rivoluzionarie, in grado di cambiare le cose nella sostanza. Invece al massimo sono state cambiate alcune forme, alcune leggi, alcune abitudini, ma la sostanza è rimasta uguale: noi continuiamo a non restare padroni della nostra vita, siamo eterodiretti. Che sia un monopolio politico o economico non fa differenza. Che l'ideologia si serva dello Stato, del partito o delle aziende non cambia nulla.

La democrazia parlamentare, formale, statale, delegata, e poi il mercato, il valore di scambio, i bisogni indotti, i capitali dominanti, i profitti estorti, le rendite vergognose, gli interessi accumulati, la corruzione dilagante - tutto questo è la nostra alienazione, la nostra dittatura quotidiana. Noi dobbiamo uscire da questo stato di cose, se ci è rimasto un briciolo di dignità. Dobbiamo opporre resistenza affermando insieme un'autonomia produttiva, una sorta di autoconsumo para-feudale, senza servaggi, senza clericalismi di sorta, in cui sia finalmente il valore d'uso delle cose a farla da padrone.

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martedì 5 aprile 2011

Ecco Cosa Vedo intervista Giulia Delle Piane di Repubblica Tv

 

Fauno Lami di Ecco Cosa Vedo intervista Giulia delle Piane, giornalista di Repubblica TV, sull'influenza dei media in Italia.

In Italia il media più diffuso è sicuramente la televisione, il 70 % degli italiani si informa soprattutto e spesso esclusivamente tramite il mezzo televisivo. Quello che manca è il confronto tra le diverse fonti di informazioni (tv, carta stampata, internet). Per questo diventa fondamentale puntare sull’istruzione, sulla formazione del pensiero critico: bisogna imparare ed insegnare ad informarsi da più fonti ed a confrontarle.

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lunedì 4 aprile 2011

La Bella Mafia

DI DAVID CORSICO

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Come definireste voi una bella ragazza, conscia della sua bellezza, da diventare irraggiungibile? Non so come la definireste, ma i siciliani, tanto tempo fa, l’hanno chiamata mafiusedda, mafiosa: mafia. Ecco l’origine o la più accreditata, di questa misteriosa parola di cinque lettere. Irraggiungibile, misteriosa, intrigante, bella e contemporaneamente pericolosa, anzi, mortalmente pericolosa. Questa è la mafia, o meglio la parola mafia, usata abitualmente oggi, per definire una delle criminalità organizzate più potenti al mondo: la dolce ragazza da non desiderare mai.

A parte il preambolo iniziale, vorrei, senza scomodare i nomi, i numeri o le date, parlare proprio di questo fenomeno apparentemente irrisolvibile. Un uomo capace disse una volta: “Come tutte le cose create dall’uomo, la mafia ha avuto un inizio e avrà una fine”. Parola più parola meno il messaggio era questo, ma le domande che verrà spontaneo porsi sono: quando arriverà la fine della mafia? Quando potremo dire che la mafia è solo un brutto capitolo storico del nostro paese da raccontare e studiare sui banchi di scuola? Le risposte a queste domande sono volubili, perché spetta a tutti noi, la società civile, dare una soluzione tangibile e veloce a questo fenomeno principalmente italiano. Proviamo a prendere in considerazione il problema dalla base e senza correre troppi rischi d’esposizione, sradicarlo alle radici con la semplice e corretta educazione scolastica. Educare i bambini alla consapevolezza, che per vivere in una società civile, bisogna rispettare le regole della stessa, anche quando, queste regole, non ci piacciono o le troviamo ingiuste. Insegnar loro, che le regole non vanno infrante, ma si possono cambiare, perché una regola o legge, non è perfetta e indissolubile, ma al contrario, debole e talvolta impropria e perciò, perfezionabile. L’importante è che capiscano che, nonostante le ovvie sbavature di una regola o legge, l’unico sistema civile per contrastarle e migliorarle, è quello di legiferare democraticamente in proposito. Sicuramente questa strada è la più difficile per ottenere una singolare giustizia, ma è anche la più retta e la meno corruttibile, perché scavalcando con indifferenza le sbavature giuridiche, inevitabilmente, si reca danno alla collettività a vantaggio proprio della mafia.

Ai più, può sembrare strano che si possa fermare la mafia solo con la consapevolezza, la conoscenza o il rispetto, invece i mafiosi, sanno perfettamente che, una società informata, coerente e conscia, decreterebbe per sempre alle loro organizzazioni criminose, la parola fine tanto agognata.

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venerdì 1 aprile 2011

Alimentazione e Benessere

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Il presente documento costituisce il lavoro di elaborazione dei contributi che sono pervenuti al Laboratorio delle Idee. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro i quali hanno voluto prendere parte attiva al progetto.

In che modo e in quale misura l'alimentazione condiziona il nostro benessere fisico, spirituale e l'ambiente in cui viviamo?
A te la parola…

Essendo donna e nutrice non posso che amare e nutrire i miei figli, come Dio Padre/Madre e come la  nostra Grande Madre Natura! Ci siamo allontanati sia dall'Uno che dall'Altra e abbiamo perso la bussola, la direzionalità della nostra vita. Ci siamo sentiti soli, sperduti, senza un senso, in un Eden smarrito milioni di secoli fa, se non miliardi, come ci raccontano. E ci combattiamo per sopravvivere perdendo la vera gioia della vita.

Impariamo dai bambini e dagli antichi saggi. I bambini danzano in girotondo allegri e spensierati perché sanno con assoluta certezza che i genitori li amano profondamente, e non si chiedono i perché della vita. Giocano e si consolano. Se cadono si accarezzano e si sostengono, cullano il fratellino appena nato e se ne occupano, perché è vivo. I saggi ci hanno da sempre avvisato che una mente sana è la fonte di un corpo sano! E che la virtù sta nel mezzo e non negli eccessi. E come può una mente essere sana se la riempiamo ogni giorno di spazzatura che viene dall'esterno e che diventa spazzatura interiore?

Il sole è pura luce, l'aria ci serve per gli scambi, l'acqua ci ha dato origine insieme alla terra. Ritroviamo la gioia di danzare la vita. Usiamo il nostro corpo per gioire e i nostri occhi per vedere la bellezza, e non la spazzatura che si accumula nelle strade. Cominciamo a guardare i fiori e le aiuole nelle città, i colori, le luci di un eterno carosello e non ci scandalizziamo di quello che ci sembra disarmonico, come una scritta colorata sui muri. Un bambino scrive sui muri e li colora e riesce a disegnare un nuovo mondo con la sua fantasia! E respiriamo l'aria che ci circonda, muovendoci, correndo felici sui prati, ballando ogni volta che sentiamo musica, inventandoci noi nuove musiche che muovano i nostri piedi, togliendoci quelle orrende scarpe che costringono la bellezza di un piede nudo.

Lo spirito esige che usiamo la mente per creare. Raccogliamo noi stessi i frutti che gli alberi ci offrono. Godiamo della bellezza del pianeta che abitiamo, disinquinandolo dalle tossine esterne e curando le sue ferite. Come una madre stanca e rugosa la Terra ci sta implorando di amarla e non lasciarla morire per incuria e mancanza d'amore. Dimentichiamoci la frase: “Tanto devo morire!”. Cancelliamola dalle nostre credenze biologiche e psicologiche. Usiamo delle grandi gomme e riscriviamo la nuova Biologia e la nuova Umanità, con tutto l'amore di un figlio per una madre e di una madre per un figlio. Con quel legame che non potrà mai morire, perché chi dà la vita vuole solo la vita!

LABORATORIO DELLE IDEE DI ECV, a cura di Luca Caristina
Grazie a Luciana Mangano per il suo contributo.

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