mercoledì 28 settembre 2011

Riduci i Consumi

DI MARCO CANESTRARI

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Smaschera la frode bancaria e del sistema monetario: non favorire i grandi gruppi bancari a favore di quelli più piccoli, non prendere finanziamenti e non investire in prodotti finanziari né in titoli di Stato. Lavora il minimo indispensabile, ricordandoti che buona parte delle cose che compri non sono affatto necessarie, e sempre previa valutazione etica del tuo datore di lavoro, passa più tempo possibile con la tua famiglia, i tuoi amici e coltiva sempre con passione i tuoi interessi.

Fai consumo critico ed etico, favorisci lo sviluppo delle piccole economie locali (localizzazione) a discapito delle grandi multinazionali (globalizzazione) anche se questo potrebbe significare spendere qualche euro in più stai aiutando di fatto chi ti sta intorno, diminuendo l'inquinamento dovuto allo spostamento delle merci da un capo all'altro del mondo. Boicotta le grandi multinazionali e le grandi case farmaceutiche, tutti i grandi marchi, che sono di fatto dei grossi centri di potere che dettano le leggi ai nostri governanti, praticano la corruzione, devastano l'ambiente, sfruttano i lavoratori, spesso minorenni, dei paesi più poveri ed agiscono senza nessuna etica nel cieco perseguimento del maggior profitto.

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domenica 25 settembre 2011

Tutto è Vita

ALCUNI ACCENNI SULLA MIA VISIONE D’INSIEME
DI MARCO CANESTRARI

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Chi fosse interessato agli argomenti trattati in questo testo, può contattarci nella pagina facebook “Ecco Cosa Vedo” o su info@eccocosavedo.com e avere informazioni su come partecipare o assistere alle discussioni che facciamo regolarmente su questi e molti altri temi. Data la delicatezza dei contenuti e il fatto che si prestano invariabilmente a fraintendimenti, preferisco affrontare certe introspezioni solamente dal vivo e non online. Va sottolineato che le affermazioni elencate di seguito non sono frutto di ragionamenti astratti, non derivano da conoscenze acquisite tramite studi di fisica, filosofia o religione, né apprese da maestri. Esse nascono, invece, da percezioni dirette avute autonomamente, senza il filtro dell’esperienza o del sapere acquisito. Attualmente il Gruppo Centrale di Roma si riunisce ogni settimana in zona Metro Ottaviano. La partecipazione è sempre aperta a tutti, per l’organizzazione degli incontri settimanali utilizziamo questo gruppo facebook:

INCONTRI SETTIMANALI

 


ECCO COSA VEDO:

1. Tutto è Vivo.
Tutto è cosciente, Tutto è emotivo, Tutto ha facoltà intelligenti e percettive. Per "Tutto" intendiamo ogni cosa che esiste effettivamente senza lasciare fuori nulla, ad esempio: le galassie, i pianeti, gli animali, i vegetali, i minerali ecc. Si escludono naturalmente dalla materia i contenuti delle idee come anche i contenuti dei supporti di memoria. Ad esempio un mostro inventato, descritto in un libro di fantascienza, non lo consideriamo esistente in quanto massa e materia in carne e ossa con un suo peso che si aggiunge al peso dell’universo ma esistente solo in quanto rappresentazione che ci immaginiamo nella mente leggendo il libro. L’attività della mente di percepire queste rappresentazioni immaginate, esiste.

L'energia alla radice di ogni energia esistente ha caratteristiche emotive.
Tale fonte di energia è inesauribile e autonoma. Un vulcano che erutta, una stella che nasce, il vento che soffia, un fiore che si apre, un cane che corre, sono tutti esempi di manifestazioni di energia. Ogni tipo di movimento nasce da uno stimolo emotivo. Tutto è in movimento. Niente di reale è statico.


2. Tutto è Uno, Non esiste Separazione.
Le distanze e il tempo non separano, ogni cosa è connessa. Per entità separate prendiamo in considerazione due entità che non hanno alcun contatto fra loro e che non hanno nessuna radice comune. Due entità separate sarebbero anche completamente indipendenti fra loro. Non esistono di fatto due oggetti separati nello spazio. Più importante: Non esistono di fatto due oggetti separati nel tempo. Ogni oggetto definito e isolato dal mondo esterno non è reale, è sempre una rappresentazione come lo può essere il contenuto di un’idea o di una memoria. Es: "Quest’albero" esiste solo in quanto interscambio con l'esterno e in nessun momento ha limiti definibili in assoluto. L'acqua viene assorbita dalla pianta e riespulsa, entra ed esce, come anche fa l'aria e altre sostanze. Cresce da un seme aumentando la sua massa e prendendo le sostanze dall'esterno in un continuo scambio. Al contrario, il ricordo di quest'albero o la fotografia di quest'albero può essere presente in maniera statica e senza interscambio con le parti cosiddette esterne all'albero.


3. Non scorriamo nel Tempo, Siamo Qui e lo siamo Ora.
La totalità del nostro essere, ed ogni suo movimento, sono connessi in un unico campo e non ne escono mai fuori. Non proveniamo da un campo passato diverso da quello in cui siamo ora né stiamo andando in un campo futuro diverso dal presente. Il presente stesso è movimento. Nulla di reale è costante, solo i contenuti delle idee e delle memorie possono esserlo.


4. La Consapevolezza completa delle percezioni è Estasi, ed è Possibile a Tutti.
La visione completa è diretta, priva d’interpretazione e associata a pace e sicurezza inattaccabili. Le azioni generate dalla consapevolezza sono intelligenti, armoniose, premurose, precise, complete e responsabili. La consapevolezza della percezione può essere completa o incompleta. É possibile partecipare alla consapevolezza completa indipendentemente dalla propria intelligenza, conoscenza, abilità, cultura o esperienza.


5.
L'Osservatore è l'Osservato, l’”Io” individuale non esiste.
Ciò che è percepito non è separato da chi lo percepisce. Non esiste quindi, nessun presunto “io” o “osservatore” costante e separato da ciò che sta percependo. Quando c'è la credenza che l'osservatore sia separato dall'osservato, allora esiste un individuo che interpreta soggettivamente e che non è completamente consapevole. Inversamente, quando sono presenti interpretazioni, allora c'è una coscienza individuale identificata con un ipotetico io, un osservatore.

L'io individuale è memoria.
E’ quindi una rappresentazione ideata, non un fatto materiale. Questo ipotetico io separato dal mondo esterno è definito univocamente da un numero più o meno grande di esperienze contenute in memoria. La convinzione di un io separato del mondo esterno è associata a un’incolmabile mancanza e a una costante ricerca di protezione. L'io individuale produce insicurezza, solitudine, paura e violenza. Le sue azioni sono incomplete e frutto del disagio, dell'incertezza e dell'inquietudine.

L'io individuale crede di scorrere nel tempo e vive nella paura.
La convinzione di un io separato dal mondo esterno è associata alla convinzione che questo io scorra nel tempo mantenendosi, almeno in parte, costante, mentre la realtà esterna gli cambia intorno. Si ha cioè un punto di vista dal quale interpretare le percezioni. L’osservatore e l’osservato, dal punto di vista dell’”io” individuale sono sempre disgiunti nel tempo, uno si presume costante e uno variabile. Ciò che viene visto come variabile non viene considerato come appartenente all’io/osservatore. Senza la presupposizione di questo sfasamento temporale osservatore/osservato, la convinzione che esista un “io” individualizzato non potrebbe sostenersi. Alla radice della paura e della violenza c’è il fraintendimento su questa interpretazione riguardo al tempo.

Il pensiero dell'individuo confonde le idee con i fatti reali.
Le idee non sono i fatti. La rappresentazione di un oggetto ha caratteristiche diverse dell'oggetto reale che si rappresenta. Es: la foto di un panino non mi sazia. Il filmato di un blocco di metallo grande come l’Everest non aggiunge massa alla terra. I contenuti delle idee e delle memorie esistono in quanto percezioni di rappresentazioni. La convinzione di un io separato dal mondo esterno contiene in sé un fraintendimento fra idee/memorie e fatti. Si crede, infatti, reale, distaccato, e centro di tutto il percepibile, questo ipotetico “io osservatore controllore” che invece non è altro che una rappresentazione. L’individuo, infatti, cerca di proteggere delle idee invece che dei fatti reali. Su questi presupposti è possibile creare una struttura immaginaria dove alcuni elementi si muovono nel tempo. Ogni desiderio legato al miglioramento, alla protezione, alla soddisfazione dell'io individuale è frutto di un’interpretazione e di una consapevolezza incompleta.


6. Nessun Sentiero porta alla Verità, la Verità è il Campo su cui si formano tutti i Sentieri.
Non esiste nessun programma da mettere in pratica, nessun percorso da un ipotetico stato a un altro che conduca alla consapevolezza completa. Ogni tipo di cambiamento reale può avvenire solamente nel presente. La consapevolezza o è completa nel presente, oppure è incompleta nel presente. Se è completa, si sta partecipando al presente. Se è incompleta, allora si vive nell’idea del tempo: si vorrebbe colmare una mancanza in un ipotetico momento futuro. Non esiste nessun esercizio, sforzo o disciplina che avvicini allo stato di completezza. Se la mente nel presente è legata a un obiettivo o a un motivo, allora non è completamente libera per indagare obiettivamente ed è presente il fraintendimento fra osservatore e osservato. S’immagina, infatti, un osservatore separato dall'osservato che possa controllarlo al fine di cambiare se stesso nel futuro. Tutto questo è lo stato della mente individuale che chiede "come fare per migliorarmi e arrivare alla consapevolezza?" sforzandosi di arrivare a un traguardo irraggiungibile in questi termini. Nelle condizioni descritte, dove l’”io” continua nel presente ad alimentarsi nella speranza di non esistere più in un ipotetico futuro, la consapevolezza non è per niente completa.

L'analisi razionale non è condizione né necessaria né sufficiente per la consapevolezza completa.
Attraverso l'analisi razionale è possibile riconoscere ciò che è falso ma non si potrà mai arrivare al vero per mezzo di una dimostrazione. Tale processo è composto sempre da un numero infinito di passi ed è inadeguato per avere una conclusione definitiva su ciò che esiste. Con l’indagine razionale tutto ciò che si può fare, è smontare la logicità di una specifica frase arrivando a dire che un dato ragionamento non dimostra nulla di assolutamente vero sul fatto in questione. Ciò che è assolutamente vero, invece, può solo essere constatato direttamente, non può essere scoperto tramite nessun altro mezzo.

La mente occupata non vede.
Se la mente è legata a qualche affermazione o conclusione allora non è presente l’ascolto profondo. In questa situazione la consapevolezza della percezione non è completa e non si partecipa al vero. Se invece si affronta una questione con la mente libera da motivazioni, convinzioni, sospetti o speranze, allora si è in una situazione di apertura completa a ciò che vuole dirci la realtà sempre nuova, e c’è spazio per accogliere il vero. Le indagini più profonde sono quelle dove si rimane nella domanda, senza legarsi a nessuna affermazione preconcetta. La massima espressione dell’intelligenza è quella della mente libera da conclusioni, sempre attenta. Il bagaglio dei contenuti della memoria, della cultura, della conoscenza, dell’esperienza, ecc. non partecipa in alcun modo al raggiungimento della consapevolezza completa di una realtà che è creativa e che non nasce dal passato.

 

Per avere informazioni su come organizzare incontri di riflessione con Marco Canestrari direttamente a casa vostra, potete contattarci in pagina, sul blog o su info@eccocosavedo.com

 

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La partecipazione alla realtà è sempre una scoperta, mai una rivisitazione – Marco Canestrari

 


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giovedì 22 settembre 2011

La Ricerca della Felicità

DI FAUNO LAMI

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Se analizziamo la società in cui viviamo, risulta evidente come la nostra intera esistenza preveda una serie di tappe obbligatorie per anticipare o posticipare la felicità. Senza però mai riuscire a viverla. Da giovani non aspettiamo altro che finire la scuola, diventare maggiorenni, prendere la patente. Siamo convinti che la felicità sia li, dietro l’angolo, e che basti solo aspettare un po’ di più per essere felici per sempre. Presto però ci accorgiamo che non è così.

Realizziamo i nostri obiettivi a breve termine, eppure non troviamo pace. C’è sempre una sofferenza di fondo che ci spinge a creare nuovi sogni e nuove speranze per il futuro. Allora proviamo a spostare più in là nel tempo la nostra meta. C’è chi si iscrive all’università, spendendo gran parte del proprio tempo e delle proprie energie dietro a esami che magari in fondo nemmeno gli interessano, oppure c’è chi si trova un lavoro, smanioso di raggiungere una presunta stabilità economica. Ci convinciamo che la felicità sia più lontana di quanto pensavamo e continuiamo ad aspettare. Basterà avere un posto fisso, una compagna fedele e dei figli per passare una vecchiaia serena. Ci illudiamo che un giorno diremo “basta!”, che avremo abbastanza soldi, abbastanza tempo, abbastanza affetto. Questa struttura non ci è stata imposta da un “perfido governante” e non fa parte di una cospirazione a danno della nostra razza, è semplicemente il piano di fuga dell’umanità da una sofferenza comune a tutti. Ed ognuno di noi ha un ruolo al suo interno. E intanto magari apprezziamo sempre più quello che c’era prima. Ci diciamo che in fondo quando eravamo giovani non stavamo poi così male. Rimpiangiamo una serenità che non riusciamo più ad ottenere e che forse in realtà non abbiamo mai avuto. Viviamo la nostra vita come una clessidra, che lentamente si svuota di aspettative e si colma di rimpianti. Ogni essere umano agisce come terrorizzato dal presente, dal non fare e dal non pensare. Viene spontaneo chiedersi dunque: cosa potrebbe accadere se ci fermassimo per un attimo nell’immediato, senza immaginare di essere altrove? Pur di non farci questa domanda, corriamo frenetici da un pensiero all’altro, da un’occupazione all’altra. Ma ha senso un’esistenza trascorsa a scappare? Sembriamo come intrappolati nel paese delle meraviglie, dove la regola è:Marmellata domani e marmellata ieri”. Mai marmellata oggi.

Certo, siamo attirati dall’ignoto, dalla “scatola misteriosa”, che potrebbe contenere tutto o niente. Però in questa vita immaginata, le azioni sono troppo spesso sostituite dall’attesa. Per riuscire ad affrontare la realtà ed essere presenti in questo tempo dobbiamo fare i conti con quello che proviamo e sentiamo nell’immediato. Che sia piacevole o meno.

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lunedì 19 settembre 2011

Il Potere dell'Omissione

DI MARCO CANESTRARI

Come può la televisione influenzare le nostre decisioni? Il cervello umano è in grado di scegliere solo fra ciò che conosce, quindi il controllo su larga scala all’accesso delle informazioni critiche di cui si ha bisogno per valutare una situazione significa il controllo dei processi mentali stessi.

L’immenso potere della televisione, alla lunga, è quello di determinare dei “modi di pensare” di base, lasciando la scelta del singolo su “cosa pensare”. Se viene omessa una parte della realtà, c'è una limitazione nella nostra possibilità di scegliere. In questo modo non si crea resistenza. Fra tutto l’arcobaleno delle cose vere, il leader può decidere quali informazioni e modelli presentare alla massa e soprattutto quali non presentare. Questo significa che circoscrive ciò che la massa conosce, decide cioè il cesto in cui ognuno sceglierà ciò che più gli piace. Il pensiero della massa si sviluppa autonomamente fra ciò che gli viene presentato, mentre una parte consistente della realtà viene omessa dalla coscienza collettiva.

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venerdì 16 settembre 2011

Pene Repressive fino alla Morte

DI VALERIO PASSERI

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Ogni volta che si parla di efferati delitti siamo tutti portati – in maniera particolare se il tg ne sottolinea le mancate condanne – a chiedere che la pena sia certa e giusta, dove per giusta spesso si intende più severa, quindi, più anni di carcere. Ma a cosa servono le pene? Innanzitutto, non sono concepite come punizioni; le sanzioni contenute nelle leggi, nascono in primis come deterrente per i crimini e poi per allontanare gli individui che possono recare danno alla società per il tempo necessario affinché possano essere “rieducati” a vivere nella società stessa.

La seconda funzione è quindi pedagogica e non punitiva e fine a se stessa. Quest’ultima parte sembra però esser stata travisata nel senso comune negli anni. La famosa certezza della pena si è trasformata da meccanismo deterrente a punizione per il mostro di turno, affinché la folla frustrata possa assistere a quella che chiamano – anche in questo caso parola spesso usata volutamente a sproposito – giustizia. Concetti travisati e rigirati a parte, chiedere che le pene siano più severe è funzionale al loro meccanismo deterrente? Prendendo il massimo esempio di pena, ovvero l’omicidio – o come lo si preferisce chiamare, pena di morte – che viene utilizzato in molti stati USA, se fosse vero che pena maggiore è uguale a minor crimini, gli stati che la utilizzano dovrebbero avere una percentuale di crimini di molto inferiore ai paesi dove questa non è prevista. Non servono studi troppo approfonditi per accorgersi che così invece non avviene. Il motivo è che aumentare la pena è un deterrente che funziona per un lasso di tempo finito; gli individui con il passare del tempo si abituano – nel vero senso della parola – alla nuova pena finché essa non fa più paura di quanta non ne facesse la precedente. Come se non bastasse, la massima pena svaluta di molto il valore della vita; se lo stato che è l’unione di tutti i cittadini e quindi in qualche modo l’ente morale predisposto a dare l’esempio, si fa fautore di omicidi, automaticamente l’omicidio viene pian piano accettato come “normale” quando si subisce un torto. Se l’obiettivo delle pene torna ad essere quello originale, ovvero di eliminare le trasgressioni e non i trasgressori, l’unica via è quella di puntare sull’educazione. E l’educazione suprema in questo caso è l’educazione al culto della vita. Far comprendere che la vita è la cosa più bella, preziosa e importante che si trova sul nostro pianeta.

L’essere umano e gli esseri viventi in generale, sono le vere opere d’arte di questo mondo, per via delle loro incredibili differenze, varietà e per via della loro caducità - niente è più bello di ciò che è destinato a finire. Paradossalmente sarebbe sufficiente questa lezione per eliminare ogni tipo di crimine; se si riconoscesse in ogni essere che ci sta di fianco un’autentica opera d’arte unica ed irripetibile è impossibile che si possa pensare di nuocere alla sua salute. La vera soluzione quindi sta nell’educazione e non nell’assecondare la parte emotiva che è in tutti noi, volutamente stimolata da tv e giornali nei loro racconti sulla criminalità.

Farsi in prima persona educatori, dando il buon esempio è senza dubbio il primo e più importante passo verso una società veramente più giusta.

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mercoledì 14 settembre 2011

Saper Cambiare

DI MANUELA GARREFFA

cambiare

Il consumo critico e responsabile è una grande arma ed è anche un dovere come cittadini, la partecipazione sociale e politica è una cosa talmente importante che se non la pratichiamo stiamo distruggendo la democrazia. Però bisogna anche considerare che ogni cosa nasce dal pensiero, dagli atteggiamenti verso la vita, dai sentimenti.

Quanto tempo dedichiamo ad immaginare attivamente (intendo dire visualizzare, dare per certo, sperare con positività) un futuro migliore, un futuro di pace e solidarietà, un futuro di abbondanza di prodotti alimentari per tutti e di sostenibilità per l'ambiente? Se i nostri pensieri sono negativi o sfiduciati dobbiamo controllarli e fare qualche esercizio mentale per permetterci di credere in un futuro diverso. Altrimenti le nostre azioni anche se positive avranno una percentuale di effettività limitata. Ogni cosa che esiste è prima stata pensata, diceva qualcuno. Io invito chiunque non abbia dimestichezza con questo tipo di atteggiamento costruttivo a pensare a qualcosa di materiale o comunque di nuovo che ha potuto ottenere in passato: un'attività di lavoro, una relazione, un figlio, un orto o giardino fiorito... tutte queste cose non si sarebbero potute realizzare senza prima pensarle intensamente. Quindi pare che il pensiero crei. Non vale solo un'azione ma anche il sentimento che la accompagna. Ricordo una storiella araba che parla di un signore che si occupava in tutto e per tutto della propria madre finché questa morì. Una volta morto anche lui, non riuscì però ad entrare in Paradiso. Chiedendo perché si sentì rispondere: "I tuoi vicini vedevano le tue azioni positive verso tua madre ma il cielo leggeva i tuoi pensieri e sapeva che non vedevi l'ora che lei morisse". Con questo voglio dire che spesso facciamo azioni positive, mentre in noi albergano sentimenti negativi. Ciò è contraddittorio. Ed i risultati che otterremo non soddisferanno le nostre aspettative. Sembra strano, ma mentre girano su facebook continuamente links su links che condannano la guerra non passiamo neanche dieci minuti al giorno a pensare alla pace. Se per caso arrivasse la pace oggi stesso, ci troverebbe impreparati. Non sapremmo come muoverci nella nuova situazione e questa non durerebbe molto, probabilmente. Invece se ci abituassimo a pensare per un certo numero di minuti o di ore giornaliere a come sarà la nostra vita in un pianeta pacifico, probabilmente cominceremmo a costruire realmente quel tipo di situazione, perché anno dopo anno ci risulterebbe sempre più familiare.

Domandiamoci 'Sono pacifico?' 'Sono equo e solidale?' ‘Sto sentendo il valore dell'ambiente naturale intorno a me?' 'Sono felice?' E se la risposta è no, oppure 'In realtà vorrei eliminare metà della popolazione mondiale (riunendo tutti i gruppi che considero che si comportino male) ma non posso quindi cerco di modificare le cose attraverso il boicottaggio o altro', dovremmo fare qualcosa per ritrovare la serenità e per poter immaginare un pianeta che funzioni in armonia. L'azione viene dopo.

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giovedì 8 settembre 2011

Il Futuro dell’Europa è Glocal

DI GIANPAOLO MARCUCCI


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E' da un po' di tempo che in televisione e sui giornali, si sente parlare di Europa come un uccello che non ha ancora imparato a volare; un enorme dinosauro che intrappolato dal suo peso non riesce a muoversi come vorrebbe. Vero è che i media tendono sempre verso l'estremizzazione dei concetti, tuttavia, al di la delle metafore, bisogna ammettere che  tastando il polso degli italiani, si nota una sorta di perplessità nel pensare al concetto di Europa. Pare proprio ci sia in essa una sorta di impedimento, di difficoltà di fondo che non le permette di divenire solida ed essere percepita come una vera e propria istituzione di riferimento.
Secondo molti analisti, alla base di questa difficoltà - che distanzia l'U.E. da altri organismi simili, come non ultimo quello degli U.S.A. - vi è di sicuro una lampante mancanza di leadership, una mancanza di volontà da parte dei paesi membri di cedere una porzione di sovranità nazionale ad un comune "Governo Sovranazionale Europeo". Se così fosse, il metodo migliore per far decollare l'Europa sarebbe quello di centralizzare di più: creare un vero governo europeo, con veri margini decisionali, un consiglio dei ministri e un premier unici in grado di decidere autonomamente sulla politica comunitaria e laddove necessario, su alcune questioni che toccano la politica dei singoli stati. Ma siamo sicuri che questa è proprio la soluzione che serve all'Europa? L'uomo, solitamente, in situazioni di crisi, tende ad aggrapparsi ad appigli, reali e non, per poter prontamente uscire dalla condizione invalidante in cui si trova e ripartire dal punto della caduta. In questo modo ritorna al suo precedente equilibrio, e convinto di aver superato le difficoltà, procede oltre in base a quello che è il "percorso del conosciuto". Tale atteggiamento, per quanto funzionale all'uscita dalla crisi, si limita solo a far fronte ad un "sintomo", senza intaccare minimamente le cause del problema e dando modo ad esso di riemergere come un gayzer appena un qualsiasi evento esterno smuove l'apparentemente stabile equilibrio raggiunto.
Senza dare nulla per scontato o immutabile, proviamo invece a considerare la crisi come un'opportunità e a vedere, laddove ci fosse, cosa essa vorrebbe comunicarci. Osservando attentamente la situazione europea, pare che emerga un problema ancor più spinoso e opaco della mancanza di leadership sopra menzionata, una questione che tocca aspetti ancor più insidiosi e profondi: la mancanza di una visione chiara e definita di cosa l'Europa sia o dovrebbe essere. L'Unione Europea, pensata come un insieme di Stati nazionali al quale bisognerebbe sovrapporre un unico governo sovranazionale non è forse paragonabile ad una mappa di piramidi sopra la quale vuole esser applicata una piramide "superiore"? La piramide è una forma familiare, antica, che sta alla base della gerarchizzazione della politica e della società da moltissimi anni, tuttavia, in linea con la nuova evoluzione tecnologica e sociale che vede il concetto di rete come centrale, se invece di vedere l'Unione Europea come la solita somma di piramidi, cominciassimo a vederla come una "rete di punti", anzi che come un enorme solido a tre dimensioni, pieno di livello e sottolivelli, la vedessimo come una dinamica e pulsante rete di "Local" interconnessi che formano il "Global"? Si potrebbe parlare di “Glocal”: il locale che diviene globale, direttamente, senza bisogno di tramiti, senza bisogno di gerarchie, senza bisogno di sussidiarietà.
50 anni fa una prospettiva del genere non sarebbe stato possibile nemmeno pensarla. Oggi invece, sfruttando a pieno gli strumenti che la tecnologia ci offre, potremmo avere, anzi che pesanti e complesse organizzazioni multilivello - comune, provincia, regione, stato, UE, Governo Globale - , una rete dinamica di comuni in costante ed estemporanea comunicazione tra loro. Ogni comune deciderebbe per i problemi che concernono il proprio territorio, tutto sarebbe decentralizzato e leggero. Grazie alla connessione veloce e continua dei soggetti locali, sarebbero possibili un'efficace scambio di informazioni, una vera diffusione di buone pratiche, un'infinità di collaborazioni. Si troverebbe la chiave per rendere le tanto temute differenze linguistiche e culturali degli stati membri un valore aggiunto anzi che un ostacolo e sarebbe possibile indire una rete di vigilanza in cui ognuno sarebbe in grado di controllare chiunque in qualsiasi momento. Nascerebbe un'enorme database in formato wiki per lo scambio di soluzioni ai problemi e la rete di comuni diverrebbe metafora di un unico grande cervello. E' ovvio che rispetto al nostro attuale sistema politico, questa visione presupporrebbe una forma di governo più vicina alla democrazia diretta o ancora meglio alla web-democracy, in cui ogni cittadino conta uno ed è perennemente connesso con tutti gli altri attraverso la rete, luogo in cui partecipare alle decisioni comuni senza più esser schiavi dello strumento della delega.
Tutto questo quindi, potrebbe sembrare molto lontano dell'esser realizzato, tuttavia, se si pensa al cambiamento non come una svolta brusca e repentina ma come un lento e progressivo eterno movimento, ci si accorge che non solo non è così assurdo, ma che tale processo evolutivo verso l'intelligenza collettiva globale e la gestione del pianeta come una gigantesca rete neurale è già cominciato e noi ne siamo al centro esatto.
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martedì 6 settembre 2011

Fai Informazione

DI MARCO CANESTRARI

megafono

ECV E LE SOLUZIONI DEL MONDO

Impegnati a fare informazione e ad educare, diffondendo informazioni, esperienze ed opinioni mettendo particolare attenzione a tutte le informazioni che i media ufficiali hanno meno interesse a diffondere.

Impegnati a creare delle scuole per formare delle persone sulle competenze più utili in ogni momento, a partire dalla conoscenza delle tecniche di controllo delle masse nei paesi democratici. Poni particolare attenzione agli aspetti della vita che impediscono di farsi controllare e spingi perché facciano parte dell’educazione di base di ogni bambino: la riflessione individuale, la sensibilità, l’altruismo, l’ascolto, la cooperazione, l’intelligenza fuori dal coro, la cultura, l’arte, l’istruzione, e le libertà di esprimersi in tutte le maniere.

Tutela sempre la serenità del dissenso e della diversità e incoraggia le persone a farsi delle opinioni personali sulle questioni importanti informandosi da più fonti possibili.

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