lunedì 28 novembre 2011

Come Affrontare la Dittatura dei Mercati?

DI ETIENNE BALIBAR

crisi

Cosa è successo in Europa? I governi di Italia e Grecia sono cambiati, mentre alle elezioni di domenica scorsa la sinistra spagnola è colata a picco clamorosamente. Si tratta soltanto di un'altra scossa nella breve storia dei rimaneggiamenti politici innescati dalla crisi finanziaria? O è forse il superamento di un punto di non ritorno nello sviluppo della crisi stessa, che avrà conseguenze irreversibili sulle istituzioni europee e sulla loro legittimità? Malgrado le incognite, bisogna avanzare un'ipotesi. 

I ribaltoni elettorali (il prossimo potrebbe verificarsi in Francia tra sei mesi) non richiedono commenti approfonditi. Ormai è chiaro che l'elettorato ritiene i governi responsabili dell'insicurezza crescente che oggi caratterizza la vita della maggioranza dei cittadini europei, e allo stesso tempo non si fa troppe illusioni riguardo ai nuovi leader (anche se dopo Berlusconi è abbastanza normale che Monti per ora batta tutti i record di popolarità). La questione più seria riguarda invece la svolta istituzionale. La concomitanza tra le dimissioni dei leader politici sotto la pressione dei mercati (che hanno mandato sull'ottovolante i tassi d'interesse sul debito), l'affermarsi di un "direttorio" franco-tedesco in seno all'Ue e la presa del potere da parte dei "tecnici" legati al mondo della finanza internazionale, consigliati se non sorvegliati dall'FMI, alimenta discussioni e inquietudini. Uno dei temi più frequenti è quello della "dittatura commissariale" che sospende la democrazia per ricrearla in futuro – una nozione definita da Bodin agli albori dello stato moderno e successivamente teorizzata da Carl Schmitt. Oggi i "commissari" non possono essere militari o giuristi, ma devono per forza essere economisti. Il 15 novembre Le Figaro scriveva: "il mandato e la durata del mandato [di Monti e Papademos] devono essere sufficientemente estesi da permettere ai loro governi di essere efficaci. Tuttavia entrambi i nuovi capi di governo devono essere limitati per assicurare, nelle migliori condizioni, il ritorno alla legittimità democratica. Non possiamo accettare che l'Europa si costruisca senza la partecipazione dei popoli che la abitano". 

Personalmente preferisco un altro approccio, quello che parla di una "rivoluzione dall'alto" messa in atto dai leader dei paesi dominanti e dalla "tecnostruttura" di Bruxelles e Francoforte facendo di necessità virtù (il crollo annunciato della moneta unica). Questa nozione, inventata da Bismarck, definisce un cambiamento strutturale della "costituzione materiale", in cui gli equilibri di potere tra stato e società e tra economia e politica vengono alterati dalla classe dirigente in base a una "strategia preventiva". È ciò che sta accadendo oggi con la neutralizzazione della democrazia parlamentare, l'istituzionalizzazione dei controlli sul bilancio e sulla fiscalità da parte dell'Ue e la sacralizzazione degli interessi bancari sull'altare dell'ortodossia neoliberale. Senza dubbio si tratta di trasformazioni in incubazione ormai da parecchio tempo, ma mai prima d'ora si era fatto un passo così deciso verso la creazione di una nuova configurazione del potere politico. Wolfgang Schäuble non ha torto a presentare la futura elezione del presidente del Consiglio europeo a suffragio universale come una "vera e propria rivoluzione", che conferirebbe alla struttura una base democratica, ma la verità è che la rivoluzione è già in corso. Tuttavia non è affatto detto che la missione avrà successo. Sul cammino del cambiamento si parano tre ostacoli, il cui effetto congiunto potrebbe sfociare un peggioramento della crisi e dunque nella "fine" dell'Europa come progetto collettivo. Il primo ostacolo risiede nel fatto che per definizione nessuno stravolgimento istituzionale è in grado di rassicurare i mercati, ovvero frenare la speculazione che si nutre del rischio di fallimento e delle opportunità di guadagno che offre a breve termine. È il principio della proliferazione dei "prodotti" derivati e dello spread sui tassi d'interesse sul debito.

Le istituzioni di collocamento che alimentano lo shadowbanking hanno bisogno di portare il budget nazionale sull'orlo dell'abisso, così come le banche hanno bisogno di poter contare sugli stati (e sui contribuenti) in caso di crisi di liquidità. Il problema è che le une e le altre costituiscono un circuito finanziario unico. Fino a quando l'economia del debito che governa ormai le nostre società da cima a fondo non sarà messa in discussione, non esisteranno soluzioni efficaci. Tuttavia la governance attuale esclude a priori un cambiamento radicale in questo senso, ed è pronta a sacrificare la crescita per un lasso di tempo indeterminato. Il secondo ostacolo è rappresentato dall'intensificazione delle contraddizioni intra-europee. Non soltanto l'Europa a due velocità è ormai una realtà indiscutibile, ma presto si trasformerà in un'Europa a tre velocità, e rischierà di spaccarsi in qualsiasi momento. Alcuni paesi che non fanno parte dell'eurozona (i beneficiari della potenza industriale tedesca nell'Europa dell'est) spingeranno per una maggiore integrazione, mente altri (soprattutto il Regno Unito), nonostante la loro dipendenza dal mercato unico saranno portati sempre di più a separarsi dagli altri. Quanto alle sanzioni nei confronti degli stati che non rispetteranno il rigore, avrà soltanto un ruolo marginale, se non deleterio. Basta vedere cosa è successo in Grecia, un paese esangue e sull'orlo della guerra civile, per immaginare quali potrebbero essere gli effetti di una generalizzazione di questo tipo di ricetta nel resto d'Europa. Last but not least, il direttorio franco-tedesco, già scosso dal disaccordo sul ruolo della Banca centrale, ha poche possibilità di rafforzarsi, nonostante gli interessi elettorali dei suoi membri e soprattutto del presidente francese.

Quale reazione? L'ostacolo più difficile da sormontare sarà rappresentato dall'opinione pubblica. Senza dubbio il ricatto del caos e la minaccia incombente di un ribasso del rating possono rallentare i riflessi democratici, ma non possono rinviare all'infinito la necessità di ottenere una legittimazione popolare per le trasformazioni in atto e per l'eventuale modifica dei trattati, per quanto questa possa essere limitata. Qualsiasi consultazione popolare porta con sé la possibilità che l'elettorato si schieri contro il progetto, come già accaduto nel 2004. A quel punto, alla crisi strategica si aggiungerebbe una crisi di rappresentatività, che in un certo senso è già in corso. Considerando tutto ciò è normale che ci siano delle critiche. Il problema è che vanno in direzioni opposte tra loro. Alcuni (come Jürgen Habermas) chiedono un aumento dell'integrazione europea e sostengono che per raggiungere l'obiettivo è necessaria una tripla ridemocratizzazione: riabilitazione della politica a scapito della finanza, controllo delle decisioni centrali da parte di una rappresentanza parlamentare rafforzata, ritorno alla missione di solidarietà e riduzione delle disuguaglianze tra i paesi europei. Altri invece (come i teorici francesi della deglobalizzazione) vedono nella nuova governance una sottomissione dei popoli sovrani a una costruzione sovranazionale schiava del neoliberalismo e alla sua strategia di accumulo per espropriazione. I primi sono chiaramente in sovrannumero, mentre i secondi sono pericolosamente vicini a fondersi con i nazionalisti potenzialmente xenofobi. Il problema fondamentale è capire come si orienterà la "rivolta dei cittadini" annunciata qualche giorno fa da Jean-Pierre Jouyet [presidente dell'Autorità per i mercati finanziari incaricata di regolare la borsa di Parigi] -  in reazione alla dittatura dei mercati, di cui i governi sono solo uno strumento impotente. Il popolo si ribellerà contro la strumentalizzazione del debito o contro la costruzione europea in sé? Nei luoghi dove si concentra il potere (di diritto o di fatto) che gestisce la lotta alla crisi finanziaria, si formeranno strutture di contro-potere non soltanto costituzionali ma anche autonome e potenzialmente insurrezionali?

I cittadini d'Europa si accontenteranno di chiedere la ricostituzione del vecchio stato nazionale e sociale corroso dall'economia del debito, o cercheranno alternative socialiste e internazionaliste, chiedendo il ritorno a un'economia dell'attività su scala mondiale? In Europa come nel mondo, a determinare il volere del popolo saranno gli effetti della recessione (innanzitutto la disoccupazione). Ma sarà la capacità di analisi e di rivolta degli intellettuali e dei militanti a costituire il veicolo della reazione dei cittadini.

FONTE: Presseurop
(Traduzione di Andrea Sparacino)

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venerdì 25 novembre 2011

A Cosa Serve Pagare le Tasse?

DI FAUNO LAMI

Continuano ad aumentare le tasse e i nostri politici continuano a chiederci di fare dei sacrifici… ma di tutti i soldi che paghiamo di queste tasse quanto viene realmente utilizzato per lo sviluppo dei beni pubblici e dei servizi ai cittadini in Italia? Come vengono investiti i nostri soldi?

Nel 2010 più del 40% delle nostre tasse sono state spese per il debito pubblico, mentre per l'istruzione scolastica è stato destinato solo il 6%. Quindi quasi la metà delle nostre tasse va in mano a delle banche private. Le istituzioni politiche al giorno d'oggi, diversamente da come si è portati a pensare, sono uno strumento che lentamente preleva i soldi dei contribuenti dandoli a delle società private extra-nazionali, quindi impoveriscono i cittadini e ingrassano i banchieri. Ci vengono chiesti sempre più soldi e più sacrifici in nome di questa crisi, ma di chi è la crisi di cui ci parlano? La vera crisi è dell'intero sistema economico che in realtà si basa sul debito e che quindi è assolutamente inestinguibile ed anzi in continuo aumento visto che da decenni gli stati sono costretti ad indebitarsi sempre di più per pagare debiti precedenti. All'interno di questo gioco non c'è via di uscita, le banche risultano l'unico ente in grado di trarne guadagno. Se continuiamo di questo passo la bancarotta non sarà un rischio, ma una certezza. Questo sistema economico vecchio ed autolesionista va cambiato. Se venisse nazionalizzata la proprietà della moneta e la facoltà di emetterla lo stato non sarebbe più un debitore ma emetterebbe la moneta che gli serve senza pagare gli interessi. Non vi è alcun senso nel tenere una banca centrale privata a cui lo stato regala il monopolio per l'emissione del denaro ricevendo in cambio un debito maggiore della somma del denaro preso in prestito.

Quello di cui abbiamo realmente bisogno ora è una maggiore consapevolezza e partecipazione della gente: dobbiamo capire tutti che il tempo delle deleghe è finito.

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martedì 22 novembre 2011

Il Cambiamento sei Tu

DI BEATRICE CONSIGLI

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Ogni volta mi chiedo, vedendo persone preoccupate, innervosite o deluse che protestano, dov'è il cambiamento che cerchiamo. Il cambiamento è qui davanti a noi, in noi. Siamo noi. Il cambiamento epocale avverrà in prima persona. Abbiamo un enorme potere, quello di scegliere come vivere, cosa acquistare, di cosa vestirsi, come nutrirsi, come spostarsi, come scaldarsi, come educare i propri figli, in che Dio credere e che valori avere.

Semplicemente ce ne siamo dimenticati, nella fretta di fare quello che si dovrebbe fare, ovvero produrre, guadagnare, correre, vivere secondo schemi prestabiliti. Il cambiamento è proprio qui. L'umiltà di partire da se stessi, nelle piccole scelte quotidiane, è la base del cambiamento dell'umanità. Scegliere è la parola d'ordine. È facile, semplice, immediato, sicuro e permette di riscoprire le potenzialità umane. Adesso, in questo istante, mentre mi leggi, spegni la tv. Non ascoltarla. Non guardarla. Rifletti tu, con la tua testa, su quello che vedi intorno a te. Lascia scorrere libere le tue personali considerazioni. Deduci in autonomia di pensiero. Poi scegli. Adesso, mentre mi leggi, decidi se davvero avere un'auto costosa ti cambia la vita o se con un'auto più modesta puoi spostarti lo stesso. Pensa a come è costruita quell'auto, a come è commercializzata, pensa a quanto può costare in risorse umane. Poi scegli. Decidi se affogare le giornate in ufficio, seguendo etiche commerciali che nemmeno condividi per portare a casa uno stipendio medio alto e se questo ti può davvero essere utile. Valuta quanto vale il tuo tempo di vita e che cosa è più importante fare. Poi scegli. Adesso, mentre mi leggi, considera di cosa ti vesti, quanto vale vestirsi in un certo modo anziché in un altro, cosa significa per te vestirsi, quanto incide sulla vita altrui – animale o umana – quello che ti metti addosso. Poi scegli.  Valuta come ti scaldi e come ti sposti, cosa usi per farlo e cosa questo causa al mondo dove vivi. Poi scegli.

Scegliendo metti in atto la tua Libertà. Ora. Qui. Subito. Scegliendo metti in atto il cambiamento, perché il cambiamento sei tu.

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venerdì 18 novembre 2011

Promuovi la Pace

DI MARCO CANESTRARI

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Trascura le forze armate. Il sistema militare è solo uno strumento che consente al regime di proteggersi e tutelare con la forza i propri interessi economici. Ricordati che lo strumento attualmente più forte per controllare le masse e l’economia è quello di mantenere sempre un livello insicurezza nel paese, in maniera che si richieda uno stato forte, accentrato e militarizzato per la “nostra sicurezza”.

Ricordati che ogni tipo di imposizione di massa o forzature come le punizioni di stato o il carcere non sono dei valori assoluti, ma degli strumenti modificabili che sono sintomo di una società ancora imperfetta. Rifiuta la Pena di Morte. Dedica parte del tuo tempo libero ad attività di volontariato sia umanitarie che sociali, fatti promotore di iniziative e miglioramenti.

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mercoledì 16 novembre 2011

Carcere e Riabilitazione

DI GIANPAOLO MARCUCCI

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Una tendenza diffusa nei paesi a democrazia controllata, è quella di sfruttare i media per omettere alcuni aspetti della realtà ed evidenziarne altri. Questo meccanismo porta a formare nella massa un opinione falsata e superficiale riguardo a molti aspetti della società. Non sono esenti dalla regola quelli che di essa sono i mattoni, ovvero le istituzioni. In questo articolo proveremo ad osservare una tra le istituzioni più antiche ma allo stesso tempo più opache della società attuale e passata: Il carcere.

La massa conosce il carcere, sa cos’è e a grandi linee immagina come funziona. Quando sente che un malvivente viene acciuffato dalle forze dell’ordine e incarcerato, esulta, si sente al sicuro, è appagata. Considera il detenuto come un “diverso”, un alieno, un pazzo, una persona malvagia: Se è dentro vuol dire che se l’è meritato! E considera il carcere come un male necessario, l’unica soluzione possibile. Questo tuttavia risulta essere un punto di vista parziale, che tiene conto solo dell'emotività e lascia spazio a troppe improduttive euristiche di giudizio. Se si osserva da vicino, il carcere, pare lontano dall'essere un mondo autonomo e funzionale. Oggi il carcere è un complesso sistema ai limiti della legalità e del rispetto dei diritti umani. E' un sistema che sembra nato già in crisi, un enorme fraintendimento e risulta essere tutt’altro che efficace nella sua funzione di riabilitare psicologicamente i detenuti e reinserirli nella società

Come fare? Il primo passo da compiere per vedere il carcere come un "errore" è di sicuro quello di partire dall’assunto che i suoi “ospiti” sono persone e pensano, sentono e si comportano esattamente in linea con la natura umana, sempre in equilibrio tra geni e contesto sociale. Un detenuto ha la stessa forma e lo stesso contenuto di un poliziotto, è un uomo, che, in preda ad emozioni negative, ha compiuto un atto deviante. Potenzialmente chiunque è un deviante, un antisociale, un detenuto. Chiunque può essere spinto da cause esterne o interne a commettere illeciti o delitti. C’è davvero una differenza materiale tra un carcerato e me? Cosa penserei se ad esser carcerato fossi io? Accetterei di stare per anni o decenni senza libertà, senza attività di alcun tipo da poter svolgere, senza alcuna prospettiva per il futuro una volta uscito e senza alcun incentivo a migliorare me stesso? Lo troverei utile alla risoluzione del mio problema? Ecco che il punto di vista comincia a cambiare e si apre la strada per cercare soluzioni che siano realmente alternative.

Partiamo da un assunto che dovrebbe essere comune: una persona che ha commesso un reato va di sicuro messa in condizioni di non ricadere in tale comportamento e di non nuocere a se stessa e agli altri. Una struttura dove si possa quindi trattenere un individuo deviante considerato pericoloso, negandogli per un periodo limitato la possibilità di uscire potrebbe risultare necessaria. A questo punto, all'interno di tale struttura il nostro sistema prevede approssimativamente tre forme di “riabilitazione”: La cella, l’isolamento e la pena di morte. Qui c'è il primo stop: Ma il carcere non dovrebbe avere la funzione di riabilitare? Secondo quali teorie sociologiche o psicologiche la coercizione, la limitazione della libertà, l’isolamento, la violenza, la tortura o addirittura l’eliminazione fisica sono funzionali alla riabilitazione di una persona che ha commesso un reato e al suo inserimento sereno all’interno delle file della società? Anche solo una di queste forme di punizione porterebbe una qualsiasi persona considerata socialmente allineata e psicologicamente sana a provare angoscia, paura, tristezza, frustrazione, rabbia. Un detenuto è una persona particolarmente debole, estremamente fragile nel suo equilibrio psicologico, il carcere così come è pensato è davvero il metodo migliore per aiutarlo ad uscire dalla sua situazione in maniera efficace e definitiva? Io ritengo di no. Criticare un sistema però non basta. Dunque, se questo sistema non va, come si può fare per cambiarlo? Che sistema migliore potrebbe sostituirlo?

Le possibilità sono molteplici, ad esempio, al posto di una struttura statica di cemento terrore e odio, si potrebbe creare un progetto dinamico, che permetta al suo interno di creare un reale percorso di riabilitazione e reinserimento all’interno della società che sia il più possibile a misura d’uomo, fatto di sedute di psicoterapia ad intervalli regolari e progressivi, attività di recupero, attività creative e ricreative, momenti di confronto e riflessione di gruppo, educazione e formazione, visite che permettano di stare realmente coi propri cari quando se ne ha bisogno. E' necessario dare la possibilità a chi entra in una tale struttura di trovarsi davanti alle cause che lo hanno spinto a compiere l’atto criminale, comprenderle, accettarle e superarle. Solo così si va alla radice del problema, curando anche il sintomo (oggi facciamo solo finta di curare il sintomo). Si potrebbero impiegare 3 ore della giornata dei partecipanti al progetto per attività produttive che potrebbero aiutare lo stato stesso. Le persone in “riabilitazione” potrebbero svolgere lavori manuali o via web, a titolo gratuito, per le amministrazioni locali, per i ministeri, o per qualsiasi ente pubblico, così da poter dare il loro contributo alla società anche durante il loro percorso di “reintegrazione” e mantenersi attivi in ambito professionale. Bisognerebbe eliminare ogni forma di violenza e coercizione e creare un ambiente sereno, accogliente, volto alla presa di coscienza e alla possibile accettazione dei propri errori e delle proprie difficoltà. Una volta fuori poi, i “reinserendi” non andrebbero lasciati soli come avviene ora e bollati come ex-detenuti, ma al contrario incentivati e, come tutte le persone deboli che hanno subito traumi e si riaffacciano alla vita sociale, seguiti, aiutati, incitati ed accompagnati con i giusti tempi in un ulteriore e ancor più difficile percorso di reinserimento che sia orientato alla positività ed alla costruttività.

Non dimentichiamo che ogni persona che viene messa in carcere rappresenta il fallimento dello stato, non il suo successo. Riflettere su questi temi andando oltre le forme d’analisi che propongono i media è importante! Mettiamo sempre in discussione quello che vediamo, non diamo per scontato il fatto di vivere nel migliore dei mondi possibili.

Il cambiamento non parte dalla legge, ma dal punto di vista di chi la guarda.

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lunedì 14 novembre 2011

I Gruppi Finanziari governeranno l'Italia

DI VALERIO PASSERI

Si sta cercando di inserire alla guida di governi "tecnici", quindi non eletti dai cittadini, dei personaggi legati a banche e istituti finanziari - i veri responsabili della crisi - di importanza mondiale. Contemporaneamente in America si è svolta una manifestazione denominata "Bank Transfer Day" che ha la finalità di spostare i risparmi dei cittadini da conti correnti di banche commerciali a le cosiddette "Union Credit", ovvero dei veri e propri istituti di credito ("not-for-profit") democratici.

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venerdì 11 novembre 2011

Mario Monti è Ufficialmente il Presidente della Commissione Trilaterale

DI MARCO CANESTRARI

bilderberg

Ogni informazione presente in questo testo deriva direttamente da fonti ufficiali consultabili in rete

L’economista che fa gioire le banche, Mario Monti, oltre ad avere un lungo e prestigioso curriculum internazionale è anche:


GOLDMAN SACHS

E’ Ufficialmente International Advisor per la gigantesca banca d’affari Goldman Sachs nonché membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute. La Goldman Sachs è attualmente fra le venti imprese mondiali con più influenza e connessioni a livello mondiale, e fa parte del 1% delle Imprese che controllano il 40% del potere planetario.


THE BILDERBERG GROUP

E’ Ufficialmente membro del Direttivo del Gruppo Bilderberg. Il Gruppo è da più di mezzo secolo un Club di privati, a cui si accede esclusivamente per invito, ed è composto per la maggior parte di personalità influenti in campo economico, politico e bancario (capi di stato, primi ministri, teste coronate ecc.. la lista dei membri è comunque accessibile pubblicamente). In genere le riunioni vertono sui temi più scottanti di politica estera, come le relazioni Est-Ovest, il controllo degli armamenti, le sanzioni internazionali, i problemi relativi il deficit ed il debito, le crisi più virulente, ecc. I loro incontri sono a porte chiuse e non c’è alcuna trasparenza verso il pubblico, i media e la stampa. A prescindere da teorie più o meno complottiste, il gruppo è indubbiamente uno dei più importanti e influenti centri di orientamento, di suggerimento e, tendenzialmente, di indirizzo della politica mondiale.


THE TRILATERAL COMMISSION

E’ Ufficialmente il Presidente Europeo della Commissione Trilaterale. La Commissione è un circolo chiuso di privati (potenti del calibro di segretari di stato, segretari della difesa, presidenti e vicepresidenti della Federal Reserve) che si prefigge di orientare la politica internazionale. Fondata per volontà di Rockfeller, poco dopo la sua nascita, la suddetta pubblica le conclusioni di un rapporto che evidenziava come negli Stati Uniti l'efficienza della Casa Bianca fosse inficiata da un eccesso di democrazia. I documenti che vengono redatti sono pubblici e mostrano l'attenzione che la trilaterale rivolge ai problemi globali che trascendono le sovranità nazionali, come la globalizzazione dei mercati, la finanza internazionale, la liberalizzazione delle economie, il debito dei paesi poveri, ecc.. Il gruppo è portatore di un ideologia fortemente liberista e impegnato in opere di liberalizzazioni e privatizzazioni. La stampa statunitense definì la Trilaterale una “filiazione diretta” del Gruppo Bilderberg, di cui condivide membri e ideologia.


COSA E’ UN GOVERNO TECNICO?

Si tratta di un governo non scelto dal popolo che si forma in gravi periodi di crisi per risolvere delle questioni che non hanno trovato una soluzione politica in parlamento. Ad esempio le sorti della Grecia (dopo aver impedito ai cittadini greci di poter esprimersi con il referendum) verranno affidate ad un governo che avrà come compito principale quello di far rispettare ai propri cittadini il diktat imposto dal Fmi. La Grecia avrà come premier Lucas Papademos, ex vice presidente della Banca Centrale Europea. Se l’Italia avrà un governo tecnico con a capo Mario Monti, avrà un esecutivo non eletto dal popolo che potrà attuare manovre drastiche e anche fortemente impopolari. Bisogna solo pregare che le faccia a favore dei più poveri e bisognosi.

Bisogna attuare riforme impopolari mettendo insieme le parti più sensibili di ciascuna parte politica. Bisognerebbe rendere un po’ infelice ogni italiano limando i privilegi – Mario Monti

Fonti:

www.trilateral.org – Sito Ufficiale

www.bilderbergmeetings.org – Sito Ufficiale

Monde Diplomatique - Oliver Borial

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giovedì 10 novembre 2011

La Tecnica del Troll in Politica

DI FAUNO LAMI

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Dall’evoluzione della rete possiamo imparare molto e soprattutto possiamo analizzare  in prima persona molte tecniche utilizzate per controllare le masse. Con lo sviluppo di internet abbiamo assistito alla nascita di nuove regole e nuovi ruoli le cui dinamiche, come sappiamo, sono ben diverse da quelle della televisione, della radio o di qualsiasi media già esistente.

Tutti ad esempio conoscono l’ormai nota figura del “Troll”, diffusa in moltissime comunità virtuali. L'obiettivo principale di un troll è quello di far perdere la pazienza agli altri utenti, spingendoli a insultare e aggredire a loro volta, facendo spostare l’attenzione dall’argomento proposto dal gruppo alle sue provocazioni. Una tecnica comune del troll consiste nel prendere posizione in modo plateale su una questione vissuta come sensibile e già lungamente dibattuta degli altri membri della comunità - per esempio una guerra di religione, di costume o etica. In altri casi, il troll interviene in modo apparentemente insensato o volutamente ingenuo, con lo scopo di manipolare quegli utenti che, non capendone gli obiettivi, si sforzano di rispondere a tono generando ulteriori discussioni e senza giungere ad alcuna conclusione concreta. Se questa tecnica riesce ad essere unita al “cross posting”, ovvero alla pubblicazione di questi stessi messaggi in più sezioni diverse, il troll può riuscire ad infastidire più gruppi contemporaneamente.

Ma è possibile utilizzare queste stesse tecniche in politica, con un pubblico decisamente più vasto? Mettiamo caso che noi fossimo dei leader penalizzati da diversi precedenti penali, accuse di rapporti con la mafia, a capo di un paese in continua crisi economica e sociale. L’ultima cosa che vorremmo è che un gran numero di persone abbia la possibilità di riunirsi serenamente a discutere di questi scottanti argomenti. Cosa faremo allora per evitare ciò? Sicuramente ci impegneremmo ad offrire alla popolazione degli scandali di cui parlare, degli “specchietti per le allodole” di cui occuparsi, portandola a focalizzare l’attenzione su cose minori. Ovviamente faremmo in modo che questi scandali possano essere sempre frequenti e piano piano sempre più gravi e pungenti, in modo da suscitare sempre scalpore, ma allo stesso tempo far abituare l’opinione pubblica a queste “marachelle”. In un paese in cui la popolazione è abituata agli scontri delle arene televisive, in cui si reagisce con impeto ed emotività, l’effetto sarà molto prevedibile: si creeranno divisioni. Divisioni tra chi si scandalizza e chi invece lo trova divertente, tra chi fa il tifo per una parte e chi per l’altra, tra chi attacca e chi si sente attaccato. Ma soprattutto si sarà riusciti a gettare l’amo per concentrare l’attenzione di un paese intero verso degli atti plateali, ma privi di contenuto, mentre sullo sfondo si stanno decidendo indisturbati e in silenzio le sorti dell’intero paese.

Arrivati a capire questo, non dobbiamo però fare l’errore di puntare il dito contro un leader sbagliato ed illuderci di riuscire a cambiare le cose cambiando chi è al potere. Il nostro vero nemico quindi non è un politico disonesto, ma l’ignavia e l’inconsapevolezza di una popolazione, la nostra, tenuta all’oscuro di tutte le decisioni importanti, che poi finirà inevitabilmente per subire. Senza una presa di coscienza collettiva, i cattivi governanti si susseguiranno l’uno all’altro senza fine.

Solo con un’informazione libera e un impegno politico diretto riusciremo a migliorare questo sistema antico ed autolesionista.

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sabato 5 novembre 2011

FMI mette il Collare all'Italia

DI VALERIO PASSERI

Un popolo sovrano è stato defraudato del suo potere di decidere se accettare gli aiuti del Fondo Monetario Internazionale, oppure di scegliere strade alternative: è successo in Grecia dove l’euroreferendum non si farà più. Una notizia di queste ultime ore è che l'Italia accetta il monitoraggio su base trimestrale dell’FMI, che vigilerà sui progressi italiani sul campo delle riforme delle pensioni, del mercato del lavoro e delle privatizzazioni.

L'intervento dell'FMI sull'economia Greca ed Italiana porterà alla privatizzazione di ogni settore della vita dei cittadini e della politica stessa. Costoro sono dei privati che si stanno arrogando il diritto di decidere le sorti di intere nazioni. Si gioca molto sulla disinformazione soprattutto per quanto riguarda il funzionamento del sistema economico, che viene visto come qualcosa di immutabile. Invece da questo sistema si può uscire e si può creare un sistema alternativo nazionalizzando le banche. Il denaro deve essere il metro di scambi di beni e servizi, non un bene in se stesso, e come metro di scambio deve essere in mano a tutti quanti i cittadini. Per arrestare questa privatizzazione delle nazioni è necessario che ogni cittadino italiano ed europeo conosca questo sistema e conosca anche dove ci sta portando.

Un cittadino consapevole è un cittadino in grado di agire

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mercoledì 2 novembre 2011

La Sovranità Monetaria non può essere in mano a Privati

DI MARCO CANESTRARI

 

sovranitàmonetaria

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