mercoledì 7 novembre 2012

La TV Genera Un'Opinione Collettiva e Non Personale

ESTRATTO DA UN TESTO DI LUCA BERETTONI

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Una tema importante,o meglio una lezione importante che si può apprendere leggendo “Cattiva maestra televisione” di Karl Popper è che bisogna tutelare, educando, i bambini ad un uso disciplinato della televisione. Popper sottolinea la tendenza evolutiva delle comunicazioni di massa verso il peggio: il peggio per la democrazia in termini di squilibrio di poteri (era infatti preoccupato per il rapporto che si è instaurato tra la televisione e l’opinione pubblica in tema di democrazia), e il peggio per i bambini, in termini di diseducazione (o meglio di educa zione alla violenza).

È importante capire il rapporto molto stretto che intercorre tra televisione e democrazia per la realizzazione e il mantenimento di una società aperta, ed è altrettanto importante capire come questo stesso strumento di comunicazione sta invece ostacolando e minacciando la sopravvivenza di questa società democratica. Le basi per una società aperta sono affidate in primo luogo ai processi educativi e di fatto la televisione è un mezzo educativo importante, soprattutto nel caso di bambini molto esposti ad essa e con poche alternative disponibili. Infatti l’ambiente socio-culturale è un elemento da tenere sempre ben presente. L’influsso dipende da molti fattori come l’educazione familiare o scolastica: i bambini che vivono in un contesto sociale che valorizza la violenza lo subiscono molto di più e tendono a diventare aggressivi. In taluni casi la tv ipnotizza addirittura, tant’è vero che ci sono bambini che diventano nervosi e irritabili quando il video è spento. Le conseguenze di un’immersione nel mondo delle immagini televisive modifica in profondità le basi dell’educazione poiché i bambini guardano la televisione prima ancora di aver imparato a leggere e a scrivere, dunque si formano prima un’opinione pubblica e poi personale.E si riscontrano poi effetti sul sistema cognitivo che dipendono dal contenuto dei programmi. Ce ne sono alcuni, che sono decisamente educativi, e anche certi film e documentari possono fornire spunti per riflettere sulla vita sociale. Il problema è che la maggior parte dei programmi, anche per bambini sono negativi. Diversi studi hanno dimostrato che i ritmi rapidi e spezzati, le dissolvenze, gli zoom, la musica molto alta, abbassano la soglia di attenzione. In genere il rendimento scolastico ne è diminuito. L’abitudine alla comunicazione per immagini, basata su semplici accostamenti esplicativi tra fotogrammi successivi per spiegare le relazioni di causa-effetto, rende insofferenti ai ritmi piuttosto lenti, di una lezione a scuola. I programmi densi di stimoli eccitativi aumentano i comportamenti impulsivi, spingendo i bambini a rispondere ai problemi senza pensare.
 
L’influenza della violenza, per esempio, è stata provata senza ombra di dubbio. I bambini traggono dalle immagini dell’ambiente i modelli da imitare; l’esposizione continua a programmi televisivi e alla pubblicità influenza profondamente atteggiamenti, credenze, valori e comportamenti degli individui. Dunque maggiore è l’esposizione, tanto maggiore è, in genere, l’influenza esercitata dal mezzo. La natura di tale influenza dipende anche dai contenuti; tuttavia l’esposizione basta da sola ad influenzare lo spettatore. Dal momento che le basi della civiltà liberale sono affidate ai processi educativi, viene da sé l’importanza di migliorare la produzione televisiva, poiché i mass media, se ben usati, potrebbero rendere un servizio inestimabile alla cultura, promuovendo valori quali libertà, responsabilità personale, solidarietà e convivenza civile. La televisione però può essere uno strumento di manipolazione dell’opinione a beneficio del potere, ed è un fattore di disturbo all’educazione alla non violenza. La violenza televisiva costituisce una minaccia allo sviluppo sano dei bambini: rende i bambini meno sensibili al dolore e alla sofferenza degli altri; li rende più paurosi del mondo intorno a loro; e rende più probabile un loro comportamento aggressivo verso gli altri. Inoltre le convenzioni televisive distorcono gravemente la realtà e questo è un male, soprattutto se si pensa che la maggior parte dei bambini guarda la televisione per cercare di capire il mondo e non solo per divertimento. Le motivazioni che spingono i bambini a guardare la televisione infatti sono completamente diverse dalle motivazioni che spingono gli adulti. Questi ultimi cercano uno svago, una distrazione; i bambini invece guardano la televisione per capire il mondo, proprio come fino ad alcuni decenni fa guardavano gli adulti nelle loro attività di lavoro e gioco per apprendere e acquisire quelle attitudini necessarie ad inserirsi nella società.
 
Gli effetti della televisione nella crescita di un bimbo quindi, non dipendono tanto dal mezzo ma piuttosto da come viene utilizzato. E' l'utilizzo che se ne fa a sfruttarne le potenzialità positive o ad ampliarne i possibili effetti negativi. Prendiamo in considerazione le nostre famiglie; spesso si vive una vita frenetica: i genitori devono rispettare gli orari di lavoro, conciliare gli orari dei figli, legati alla scuola e a sempre più numerose attività extrascolastiche, cercare di trovare qualche spazio per se stessi. Quando si guarda la televisione esiste un solo punto di vista: “quello della videocamera” che ci coinvolge direttamente ma sul quale non abbiamo nessuna padronanza. Come aveva scoperto i fratelli Kline la televisione non parla alla mente ma al corpo; ha un impatto diretto sul sistema nervoso e sulle emozioni e ne ha poco sulla mente, l’elaborazione dell’informazioni viene in realtà compiuta per la maggior parte dallo schermo. Quando si guarda la tv, le immagini dello schermo sostituiscono le proprie e si entra a far parte dell’immaginario e del pensiero collettivo. La televisione non è solo “ladra di tempo” prezioso per lo sviluppo dei bambini, come sosteneva John Condry nel suo articolo, ma è anche bugiarda perché quel poco di verità che la televisione ci comunica è molto distorto. “Non è vero che i mass media riflettono, è vero che modificano la realtà”. La televisione non può insegnare ai bambini ciò che debbono sapere via via che crescono e diventano adolescenti e poi adulti. Dobbiamo offrire ai bambini altre idee su come passare il tempo; i bambini hanno bisogno di conoscere se stessi tanto quanto hanno bisogno di conoscere il mondo, e queste informazioni si ottengono soltanto agendo sul mondo, cioè tramite l’interazione reale fra esseri umani. “Hanno bisogno di più esperienza e meno televisione” poiché come strumento di socializzazione è carente. La televisione non genera nuove opinioni (personali) ma genera solo un’opinione collettiva perché la televisione tratta l’informazione per noi. Ciò è esattamente il contrario di quello che succede quando si legge un libro, poiché attraverso la lettura si ha una personale esperienza sensoriale. Davanti la televisione le nostre difese sono abbassate, siamo vulnerabili e sensibili ad una seduzione multisensoriale. L’etica si può insegnare ai bambini solo se l’ambiente è attraente, buono e fornisce buoni esempi.
 
La scuola, come tutti gli istituti educativi, dovrebbe insegnare a costruire competenze d’uso consapevole e critico, anche se questo è difficile perché il rapido succedersi di innovazioni tecnologiche impone sempre nuovi modelli e nuove strategie di formazione. Anche per Raimondo Cabeddu, la scuola dovrebbe insegnare ai bambini l’uso che si può fare della televisione e far capire per cosa essa non serve. Anziché ignorare la televisione, la scuola dovrebbe incoraggiare i bambini a discutere i programmi e le idee, buone e cattive, che essa comunica. Quindi invita le istituzioni scolastiche a elaborare programmi pedagogici per insegnare ai bambini ad essere telespettatori critici. Suggerisce, ancora, di progettare alcune lezioni che offrono ai bambini la possibilità di utilizzare apparecchiature video per fargli realizzare dei piccoli spettacoli e spot pubblicitari, con l’obiettivo di fargli comprendere quanto è facile per una telecamere distorcere la realtà. Questa sua proposta nasce proprio dalla consapevolezza che la televisione non può essere incolpata del modo in cui la gente la usa.
 
 

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