domenica 27 gennaio 2013

Non Esiste Nessun Nemico

DI MARCO CANESTRARI

Non esiste nessuna condizione cui aspirare che ci permetterà l'illuminazione: Nessuna osservazione pulita, nessuna attenzione completa, nessuna mente quieta sarà la causa della nostra futura illuminazione. Nessun Intermediario cui affidarci farà una parte di lavoro per noi.

Non esiste nessuna condizione attuale che ci impedisce l'illuminazione: nessuna distrazione, nessuna attività del pensiero, nessuna paura. Non c'è nessun campo che dobbiamo preparare prima di poter agire. Nessun nemico cattivo è causa dei nostri problemi.

Non abbiamo scusanti né esenzioni di responsabilità per la vita che facciamo, ma nemmeno raccomandazioni e agevolazioni per ottenere un'illuminazione garantita.In ogni momento della nostra vita siamo completamente responsabili, nel bene e nel male, della nostra condizione. Non esistono due stati separati: Il mondo in cui ogni cosa che si dice è incompleta, e il mondo in cui ogni cosa che si dice è intelligente.

È insensato aspettare di avere l'etichetta di "illuminato" per avere la garanzia di parlare e agire senza sbagliare. Chi aspetta garanzie o certificazioni non si mette in gioco, non è in prima linea, non vive. Essere illuminati significa agire nel presente e rischiare partendo sempre dalla confusione, assumersi delle responsabilità senza avere nessun appoggio né garanzia.

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venerdì 25 gennaio 2013

L'Assalto al Potere dei Narcisisti Disturbati

DI CLAUDIO RISE'

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Quando la TV annuncia che qualcuno ha rubato milioni alla collettività, la maggior parte degli spettatori pensa che è un mascalzone, e un furbo. Quando un paziente lascia capire in terapia che ha preso illegalmente del denaro, al terapeuta si apre una pista significativa per capire che egli è davvero malato, e come si configuri il suo malessere. Se la psicologia del profondo ha ragione, l’attuale classe politica non sta dunque molto bene. Di cosa soffrono, però, i truffatori politici?

Il primo disturbo, lo sanno anche molti penalisti, è una profonda (anche se spesso inconsapevole), disistima di sé. Come mi raccontava il professor Alberto Dall’Ora, uno dei principi del Foro penale, ladri e truffatori sono molto spesso persone piuttosto intelligenti, che avrebbero risultati importanti anche comportandosi correttamente. Ma, come sa l’analista, non ci credono. Per varie ragioni biografiche e ambientali non si credono capaci di veri successi. Quindi scelgono, spiega lo psicoanalista Alfred Adler, “la menzogna…vie traverse..dolo e astuzie”. Questa stessa frustrazione, di non ritenersi ”bravi”, come vorrebbero, li spinge a mete sempre più alte. Raggiungibili però (ma pericolosamente) solo col furto, e la truffa. Il secondo disturbo di cui soffrono è la difficoltà ad amare e rispettare davvero gli altri. La rottura con la società, e le sue leggi, nasce da lì: una forte incapacità a rispettare gli altri come persone, e un’insopprimibile tendenza a vederli solo come strumenti per la realizzazione delle proprie personali ambizioni. Ladri e truffatori sono (soprattutto quando non incalzati dal bisogno, ma di estrazione sociale borghese), persone disturbate nelle loro relazioni con gli altri e la società, che accumulano denaro calpestando diritti altrui per affermare la propria brama di un potere di cui non si sentono degni, o capaci.

In questa modalità c’è naturalmente un forte aspetto autodistruttivo: anche se consciamente pensano di farla franca, non sono così stupidi da non intuire che il rischio di venire prima o poi scoperti è molto elevato. Ma mentono anche a sé stessi, come agli altri. Arrivando così a una sorta di “suicidio sociale”. Così come altri, che soffrono degli stessi disturbi e sociopatie, arrivano a volte al suicidio. Se è vero quanto l’osservazione della psicoanalisi e delle psicologie sociali sostiene, c’è da chiedersi cosa significhi la vigorosa presenza, al vertice della società italiana, di persone che rubano e violano le leggi (e non da oggi: Mani Pulite è di vent’anni fa, e uno dei suoi esponenti, Piercamillo Davigo, ritiene che il debito pubblico italiano sia nato dalle pratiche denunciate in quell’esperienza). Come mai dunque, persone disturbate hanno potuto scalare in gran numero il potere politico dei partiti italiani (la cui credibilità è scesa nei sondaggi a meno del 10% degli intervistati)? Il vecchio Freud, fondatore della psicoanalisi ma anche acuto osservatore del suo tempo, sosteneva che i “narcisisti che si espongono alla frustrazione del mondo esterno presentano le condizioni per fare esplodere la delinquenza” che è in loro.

La visibilità, il potere, anche i guadagni legittimi assicurati dalla vita pubblica hanno attirato in gran numero personalità fortemente narcisistiche, gratificate nella propria immagine. Ma le hanno anche frustrate nelle loro aspettative, sempre sproporzionate rispetto alla realtà. Si è creato così un gruppo molto consistente di persone dotate di notevole potere, ma prive sia di reale empatia per l’interesse collettivo, sia di equilibrio nel perseguire il proprio. Come ci mostrano le notizie.

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martedì 22 gennaio 2013

Un Nuovo Sistema Economico: I Livelli D’accesso

TRADOTTO PER ECV DA FABRIZIA BELTRAMONE

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Qualsiasi nuovo sistema economico deve essere fondato sul principio dell’efficienza delle risorse, con l’obiettivo di utilizzare al massimo ogni singola unità di materia prima usata.

Un sistema economico che non conferisca il giusto valore alle materie prime (combustibili fossili, foreste, acqua, ecc.), basato sulle capacità rigenerative della Terra, è per sua natura imperfetto in una prospettiva di sostenibilità. I costi del ricambio delle materie prime, oltre a quelli della loro estrazione, sollevano un quesito che molti probabilmente non si pongono: come si ricambia un barile di petrolio? Il presente sistema economico - basato su un’efficiente distribuzione del capitale – può essere corretto e reso più sostenibile attraverso un cambio drastico e radicale delle regole del mercato. Per esempio, si potrebbe prendere ogni bene derivato dalle materie prime e calcolarne il valore in base alla quantità di energia solare necessaria per crearlo. Questo farebbe salire il prezzo dei combustibili fossili alle stelle, dal momento che il loro costo di ricambio si misura su un arco di tempo di milioni di anni; in questo modo però, si otterrebbe il risultato sperato solo per vie secondarie. Il capitalismo usa lo stesso metodo indiretto per produrre alti standard di vita attraverso un’efficiente distribuzione del capitale. Ma è questo il metodo migliore? L’applicazione di cambiamenti regolatori a breve termine, come quelli citati di seguito, dovrà essere inserita all’interno di un piano di transizione di un sistema economico globalmente sostenibile basato sul principio chiave di un’efficiente distribuzione delle risorse naturali. Prima però, è necessaria una fondamentale trasformazione sociale, cioè la sostituzione del principio di “proprietà” con quello di “accesso”. Prima che venga etichettato come comunista, voglio precisare che un sistema basato sull’ “accesso” non significa “accesso indiscriminato”. Immaginiamo per un momento un ipotetico mondo senza proprietà, in cui tutti i beni, le terre, i patrimoni e le risorse naturali appartengano a tutta l’umanità, per essere custoditi dalla generazione attuale.

Agli occhi di un occidentale - per il quale la proprietà è il principio fondamentale su cui si basano l’economia e lo stato di diritto – tutto ciò sarebbe assurdo. Ma poniamoci una domanda: l’utilità deriva dal possesso, o dall’utilizzo di qualcosa? Volete possedere una Ferrari o guidarla? Volete possedere delle scarpe o indossarle? Volete possedere la musica o ascoltarla? Se ci pensiamo, tutti i benefici delle cose materiali derivano dal loro utilizzo, non dal possesso; essere proprietari di qualcosa significa pulirlo, mantenerlo, proteggerlo, cambiarlo, sbarazzarsene, comprarlo e venderlo. Utilizzare qualcosa non richiede altro che il suo utilizzo oltre, ovviamente, di prendersene cura mentre è in nostro possesso: dopo tutto è molto meglio guidare la moto d’acqua del nostro amico dopo che l’ha comprata, conservata, mantenuta, trasportata, portata al molo e rifornita di carburante. La proprietà richiede lavoro e spese, usare qualcosa no. È poi così irresistibile, quindi, l’idea di possedere qualcosa? Il concetto di proprietà è così radicato che è ormai parte integrante della nostra cultura. Ma cosa succederebbe se cambiassimo il nostro sistema economico, sostituendo la cultura della proprietà con quella dei livelli d’accesso? Un sistema economico del genere potrebbe essere simile ad un gioco in cui lo scopo è quello di guadagnare e accumulare dei punti (soldi o crediti) che aggiudicherebbero il diritto ad accedere a livelli più alti. Nel mondo reale questo gioco di ricompensa si tradurrebbe in diversi livelli di accesso a beni materiali e a servizi. Lavorando duramente e contribuendo al miglioramento della società - cioè alla massimizzazione dell’efficienza dell’uso delle risorse per un migliore standard di vita - l’individuo può accedere a livelli superiori. Il primo livello sarebbe quello di base, a cui tutti avrebbero accesso. Consisterebbe in una comunità-rifugio con risorse condivise (camere, bagni, vestiti, etc.), alimenti di prima necessità, accesso all’istruzione e alle cure mediche di base. Questi beni e servizi sarebbero messi a disposizione dei beneficiari solo per il fatto di essere esseri umani, e verrebbero progettati in modo da richiedere il minimo dispendio di risorse possibile per la società; è di fatto possibile educare chiunque a svolgere delle attività adottate da una data comunità poiché potenzialmente benefiche a società più estese. L’ individuo può così raggiungere livelli di accesso superiori in base al merito e ai contributi. La quantità di livelli e di categorie è potenzialmente infinita. Il secondo livello potrebbe riguardare una migliore qualità di cibo, il decimo potrebbe essere un miglior tipo di abitazione, il centesimo potrebbe essere due settimane di ferie all’anno, il diritto ad usare un automobile quando richiesto, o a una barca al lago, un’entrata al cinema al mese. Se siete Bill Gates o Steve Jobs avreste la “carta accesso illimitato”, cioè accesso a tutto ciò che desideriate e quando lo desideriate: un aereo, i piatti più raffinati, una casa in ogni città, ecc. Si potrebbe inoltre personalizzare il livello di accesso in base alle proprie richieste. A prescindere dal livello però, non si può “possedere” o proibire l’utilizzo di qualsiasi bene mentre non lo si sta usando. Una volta scesi da un aereo o trasferiti in una nuova città, quell’aereo o quell’appartamento sono a disposizione di chiunque abbia un pari livello di accesso. Se questo concetto vi sembra bizzarro, vi basti pensare che oggi molti prodotti vengono trattati nello stesso modo; per esempio ogni volta che qualcuno affitta qualcosa si concorda un prezzo di mantenimento, conservazione, cura, ecc., per beneficiare del suo utilizzo. L’affitto presuppone infatti una gestione delle risorse molto più efficiente rispetto al possesso (un DVD in affitto sarà visto molte più volte di uno posseduto).

Se progettato adeguatamente, un sistema economico basato sull’accesso e sulla distribuzione efficiente delle risorse naturali sfrutterebbe al massimo i benefici sociali di ogni unità di materia prima. I prodotti sarebbero ideati per essere sia duraturi che riciclabili, dal momento che il loro intero ciclo di vita verrebbe controllato da chi gestisce il servizio. I livelli di accesso permetterebbero ad una gran percentuale della popolazione mondiale di condividere le risorse in maniera equa ed efficiente. L’incentivo ad accedere a livelli superiori, associato alla soddisfazione del naturale desiderio umano di appartenenza e contribuzione alla comunità, potrebbe spingere le persone a raggiungere livelli più alti, attraverso attività utili all’intera società. Le attività di più grande valore sarebbero quelle basate sulla domanda e sull’importanza dei prodotti o servizi, unitamente alla disponibilità delle risorse naturali necessarie. Probabilmente verranno mosse delle critiche al sistema dei livelli da coloro che giudicano “la libertà” come “il poter fare ciò che si vuole”. Qualcuno potrebbe dire: ”Se voglio far saltare in aria una montagna che ‘mi appartiene’ ho il ‘diritto’ di farlo”. Se con “libertà” intendiamo questo, allora il sistema dei livelli si opporrebbe fermamente a tale “libertà”. Se la montagna esiste probabilmente da centinaia di migliaia di anni è assurdo pensare che un essere umano che esiste per un così breve istante possa “possederla” e decidere di distruggerla. D’altro canto, i livelli non si potrebbero opporre, ma piuttosto renderebbe possibile la libertà d’accesso all’educazione, alle cure mediche, al cibo o a un tetto, così come alle pari opportunità di migliorare la propria vita. Queste sono libertà che l’attuale sistema economico non distribuisce equamente.

Il nostro è un mondo connesso a livello globale, nel quale la combustione di benzina in Nord America influisce sul clima in Sud Africa, come la perdita della biodiversità nelle zone equatoriali è capace di distruggere le ricchezze naturali da cui tutta l’umanità può trarre beneficio. In un mondo globalizzato le persone non hanno la “libertà” di fare tutto ciò che vogliono. Le società attuali e future dovranno dunque prendere decisioni condivise per gestire le risorse naturali nella maniera più intelligente possibile al fine di ottenere obiettivi comuni a lungo termine e preservare la sostenibilità delle generazioni presenti e future.



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mercoledì 16 gennaio 2013

I Suicidi Sono Pochi: Le Provocazioni di Mario Monti


DI MARCO CANESTRARI



Mario Monti ci spiega che i suicidi sono pochi. In televisione sentiamo dire che i disoccupati che si suicidano lo fanno perché sono troppo poco ottimisti, sentiamo dire che il posto fisso è noioso, che i sindacati devono capire che anche i posti statali dovranno licenziare, che i ticket verranno pagati anche dai disoccupati, ecc... Spesso queste provocazioni vengono ritrattate con un: "Sono stato frainteso", oppure, "Mi sono spiegato male", ma raggiungono lo stesso l'effetto voluto, quello cioè di alzare il polverone arrivando ad un numero enorme di persone abituandole pian piano a digerire nel tempo delle forzature enormi. Si vive in una continua doccia scozzese che rende insensibili, confonde e abitua.

I mercati sui cambi e sulle transazioni finanziare raggiungono 10-20 volte il PIL dell'intero pianeta. Il denaro si moltiplica esponenzialmente dal denaro. Si crea dal nulla, senza generare una risorsa. Si creano così delle multinazionali con PIL più alti di intere nazioni. Questi grandi poteri potrebbero virtualmente acquistare interi stati europei come ad esempio la Polonia, la Svizzera o la Finlandia. Si crea cosi una situazione sempre più precaria: Pochi si accaparrano enormi quantità di potere trasformando gran parte della popolazione terrestre in schiavi: una marea di poveracci si daranno fuoco e si suicidano. Non verranno ricordati come eroi, non avranno ne statue ne verranno studiati nei libri, verranno dimenticati il giorno dopo per una partita di pallone o per una notizia del grande fratello o per qualche avvenimento che sarà di moda in televisione per il mese successivo catturando tutta la nostra attenzione. 


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venerdì 11 gennaio 2013

Come i Giornalisti Manipolano L’Opinione Pubblica

DI ANTONELLA RANDAZZO

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In un paese in cui sempre meno persone leggono i giornali, l’informazione televisiva rappresenta per la maggior parte della popolazione l’unica fonte d’informazione. Molte di queste persone credono che i telegiornali li informino su ciò che accade nel mondo, e si troverebbero increduli di fronte al solo pensiero che i Tg possano essere utilizzati per manipolare le loro opinioni. Eppure ciò appare sempre più evidente, dall’omissione di elementi indispensabili per capire i fatti, dall’alterazione di alcune notizie e dall’assenza di altre. L’opinione pubblica è fondamentale per la stabilità di un sistema, e nel nostro sistema viene formata attraverso il bombardamento mediatico. Per mantenere la stabilità, nell’attuale assetto politico-economico, occorre che l’opinione pubblica sia piegata a ciò che è funzionale al sistema e non apprenda alcune verità. Ciò rende il potere mediatico notevolmente importante. Il controllo da parte del potere avviene oggi all’interno delle nostre case, attraverso la Tv. La manipolazione dell’informazione è sempre più sistematica, progettata per essere efficace e per rimanere nascosta agli occhi dei cittadini. Le agenzie internazionali (americane, europee o giapponesi) che forniscono le informazioni, sono supportate da agenzie di propaganda, soprattutto americane, che pianificano non soltanto cosa rendere noto ma soprattutto “come” dare informazione. La quantità di notizie viene sfoltita e ridotta al 5/10% del totale. La verifica delle fonti e l’utilizzo del senso critico sono ormai capacità atrofizzate dall’assumere passivamente il punto di vista delle poche agenzie che informano centinaia di paesi, come la Adnkronos e l’Ansa. Considerando come assolute alcune fonti e ignorandone altre, l’informazione è già alterata in origine, derivando da un unico punto di vista, che nel contesto appare oggettivo. Di tanto in tanto, nei nostri Tg, appare qualche debole critica, ad esempio contro il governo statunitense. Si tratta delle cosiddette “fessure controllate”, cioè critiche fatte ad hoc per generare fiducia nel Tg, ma che risultano vaghe e discordanti. Alcune notizie assumono nei Tg un certo rilievo, soprattutto quelle che evocano emozioni. Suscitare associazioni emotive e commozione è diventato uno degli scopi principali dei Tg. I fatti di cronaca, specie se si tratta di delitti contro bambini, si prestano a questo scopo, e quindi talvolta occupano uno spazio ampio dei telegiornali. Si tratta di un modo per distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti assai più importanti per la vita dei cittadini. In altre parole, vengono amplificate notizie (di solito di cronaca o relative ad uno specifico problema) che non mettono in pericolo il sistema, per evitare di trattare altri argomenti “scottanti” e pericolosi per l’assetto che i politici hanno il compito di proteggere. Ad esempio, siamo stati indotti a parlare a lungo dei Pacs (una legge che sarebbe stato ovvio approvare senza tanti problemi), mentre si occultavano, tra le altre cose, le spese ingenti per la “difesa”. Nessun telegiornale ha detto che parte del Tfr dei lavoratori andrà per spese belliche. In questi ultimi tempi, un altro argomento, che viene utilizzato dai Tg per dirottare l’attenzione su fatti non pericolosi per il sistema, è quello dei malati gravi che chiedono l’eutanasia. Invece di approvare una legge che ponga fine al problema, il nostro sistema utilizza questi casi disperati (ieri quello di Welby, oggi quello di Nuvoli), per riempire spazi e suscitare angoscia e commozione. Si stimola la parte emotiva dei telespettatori, per coinvolgere in una questione umana drammatica, senza far capire che il potere di risolvere il problema è nelle mani proprio di chi sta strumentalizzando cinicamente il fatto.

Spesso alcune notizie sono oggetto di “sovrinformazione”, cioè se ne parla in molti programmi e abbondantemente. Ciò avviene o per focalizzare l’attenzione soltanto su alcuni aspetti e fare in modo che i cittadini si sentano abbastanza informati e non vadano ad informarsi altrove, oppure per dare l’impressione che ci sia un’abbondante informazione. Ma si tratta di informazioni ripetitive, che non spiegano davvero la questione e talvolta la manipolano. Paradossalmente, il cittadino viene sommerso di “informazione” per fare in modo che rimanga disinformato. La sovrinformazionze può riguardare anche temi banali, come la separazione di una coppia nota, o l’uso di droga da parte di un personaggio famoso. In questi casi si tratta di distogliere l’attenzione da decisioni o eventi politici che stanno accadendo nel paese, e di cui occorrerebbe parlare, ma non risulta conveniente al sistema. Si sta affermando sempre più il metodo americano di creare trasmissioni giornalistiche o televisive organizzate da agenzie di Pubbliche Relazioni, per manipolare l’opinione pubblica su un determinato argomento. L’argomento di solito è emerso all’attenzione pubblica senza che il sistema potesse impedirlo (ad esempio, la Tv spazzatura o la violenza giovanile). A queste trasmissioni partecipano personaggi accuratamente selezionati, che in apparenza sembrano avere opinioni diverse, ma in realtà esprimono tutti un unico punto di vista, che si vuole far apparire come unica verità. Talvolta è l’assunto di base della conversazione ad essere errato, ma viene acquisito come vero da tutti i partecipanti. Spesso si utilizza la figura dell’”esperto” che è abbastanza persuasiva, rappresentando il mondo della “scienza”, che si intende come fonte di verità oggettiva. L’informazione dei Tg viene falsata in maniera sempre più sottile e manipolatoria. Quando vengono sollevate smentite, soltanto in pochi casi viene reso pubblico. Lo spazio e l’ordine dato ad un’informazione sono molto importanti per valorizzare la notizia o sminuirla. Alcune notizie passano inosservate perché vengono dette per ultime e frettolosamente, mentre ad altre si dedica molto tempo all’inizio del Tg. Si stabilisce quindi una gerarchia in ordine all’importanza e al rilievo che si vuole dare alla notizia. Si privilegiano alcune notizie, altre vengono emarginate e altre ancora occultate. L’informazione obiettiva è quella contestualizzata, verificata alla fonte e commentata da opinionisti di diverse tendenze. Sentire le opinioni dei politici di entrambi gli schieramenti serve a dare l’idea che si stanno sentendo più punti di vista, ma ciò spesso non è vero, perché la maggior parte dei politici non attua una vera critica al sistema, e si limita a spiegare le divergenze rispetto all’altro schieramento. Il sistema politico-economico attuale è sempre più intoccabile, e coloro che lo criticano appaiono sempre meno in televisione.

Nei Tg, le notizie vengono date come fatti isolati dal contesto, per impedire una comprensione approfondita. Si tende ad esagerarne un aspetto, che è sempre quello più emotivo. Lo stesso titolo talvolta è già gran parte della mistificazione, perché da esso si inferisce se si tratta di una cosa giusta o sbagliata, da approvare o da disapprovare. Ad esempio, quando si danno notizie sull’Iran si tende a far apparire questo paese colpevole di qualcosa, e i titoli sono “L’Iran sfida la comunità internazionale”, oppure “L’Iran si ostina sul programma nucleare”. I paesi indicati dalle autorità Usa come nemici diventano automaticamente nemici anche per le nostre autorità, che li criminalizzano in modo impietoso, evitando di menzionare le continue minacce e la preparazione alla guerra contro l’Iran da parte degli Stati Uniti. Si manipola l’opinione pubblica italiana a pensarla come le autorità americane, e a ritenere che alcuni paesi debbano essere colpiti perché “pericolosi”. Non si danno notizie sui numerosi crimini e attentati terroristici attuati dalle autorità Usa nel mondo, se non quando ciò risulta inevitabile. I nostri telegiornali si limitano a parlare di “attentati terroristici” in Iraq, Afghanistan o in altri paesi, senza raccontare la situazione vera. Ad esempio, non parlano mai della resistenza irachena e afghana, anche se ormai molti sanno che questi paesi sono occupati e che la popolazione cerca in tutti i modi di resistere (anche con metodi pacifici) all’invasore. Difficilmente le notizie su paesi in guerra vengono spiegate in maniera approfondita, fornendo gli antecedenti politici, economici, internazionali, ecc. che possano far capire i fatti e le situazioni attuali. La decontestualizzazione è quindi uno dei modi per disinformare dando l’impressione opposta. Il fatto viene slegato da altri fatti che lo renderebbero più comprensibile. Ad esempio la violenza negli stadi viene slegata dal fenomeno della violenza nei giovani e dalle pressioni mediatiche che incitano alla violenza. Il tono e il tipo di linguaggio utilizzato influiscono su come l’informazione viene percepita. Il tono può essere dispregiativo, di condanna, oppure enfatico ed entusiasta. Il tono dà un significato positivo o negativo alla notizia. La scelta delle parole è molto importante nel lavoro propagandistico, perché ogni parola è evocativa di significati o di emozioni e quindi deve essere scelta accuratamente per ottenere gli effetti voluti. Ad esempio, per trasmettere un senso di negatività, i gruppi considerati pericolosi per il sistema, come gli ambientalisti, i no-global o i comunisti, vengono definiti come “radicali”, “fanatici” o “estremisti”. La polizia viene chiamata “forza dell’ordine” anche quando reprime. Coloro che sono repressi vengono chiamati “ribelli” o “giovani estremisti”. La violenza di Stato, anche quando uccide brutalmente, viene definita “sicurezza” o “difesa”. I violenti sono sempre coloro che protestano contro il sistema e mai le autorità dello Stato, anche quando comandano una dura repressione, com’è accaduto al G8 di Genova. Anche le immagini utilizzate hanno scopo manipolativo.

Spesso vengono utilizzate categorie stereotipate o etichette per puntare il dito contro chi mette in dubbio l’operato politico del governo. I telegiornali fanno in modo che gli oppositori appaiano come poche persone che non vogliono la “modernizzazione”, il “progresso” oppure come persone emarginate, fanatiche e “antiamericane”. Ciò è accaduto nel caso della Tav in Val di Susa e della Base americana a Vicenza. Nei telegiornali si mostravano singole persone intervistate che esprimevano pareri contrapposti, per far capire che c’erano pareri discordanti e occultare che la stragrande maggioranza dei cittadini era contraria alle decisioni di governo. Si vuole nascondere che il potere dei cittadini è continuamente svilito dal sistema. E che quest’ultimo è distante da ciò che la gente vuole. Le questioni che stanno a cuore alla cittadinanza, come l’ambiente, la pace e la libertà di decidere sul proprio territorio, vengono denigrate dall’informazione tendenziosa e manipolatoria dei Tg. Ad esempio, i cittadini della Val di Susa che protestavano venivano mostrati come un gruppo sparuto di persone che avevano paura di avere il “treno che gli passa sotto casa”. La verità che si cercava di occultare era che sotto al Musinè c’è l’amianto. Inoltre, nella Val di Susa esiste già una linea ferroviaria Torino-Lione, attualmente sottoutilizzata, in grado di poter reggere il traffico. Un’altra tecnica, utilizzata dai Tg, per deviare l’attenzione sulla questione del dissenso e per semplificare i fatti (per non far emergere altri aspetti), è di connotare ideologicamente il problema con “destra” e “sinistra”. Quando i cittadini si oppongono ad una questione lo fanno per motivi razionali, ma il telegiornale tende a far credere che siano motivi ideologici, oppure irrazionali e non accettabili. Nelle questioni in cui gli Usa impongono un severo diktat, come nel caso delle truppe in Afghanistan e della base militare a Vicenza, i giornalisti assumono un tono allarmato verso il dissenso. In particolare, nel caso di Vicenza, mettevano in evidenza che anche all’interno della maggioranza c’erano coloro che avversavano la scelta del governo. Il sistema dei due schieramenti è stato creato per impedire un vero esercizio di sovranità. I giornalisti reggono questo gioco e si mostrano stupiti che lo schieramento al potere possa avere persone che ragionano con la propria testa e non eseguono passivamente “l’ordine”. I Tg colpevolizzano queste persone facendole sentire responsabili di “indebolire il governo” o di metterne in pericolo la stabilità. Ciò nasconde che i nostri politici non prendono scelte sulla base del benessere dei cittadini, ma per tutelare e rafforzare il sistema stesso. I nostri giornalisti hanno dimenticato che l’essenza della democrazia è proprio il pluralismo. Si sono allineati al sistema in cui tutti gli schieramenti politici sono obbligati ad obbedire ai veri padroni del paese: l’élite economico-finanziaria. In questi giorni i Tg gridavano “allarme” per la manifestazione di protesta organizzata per il 17 febbraio contro la nuova base militare di Vicenza. Ma in quale democrazia i giornalisti mettono in allarme i cittadini per una manifestazione che esprime la volontà di quasi tutta la cittadinanza? Il 16 febbraio, annunciando la manifestazione di protesta del giorno successivo, i telegiornali dicevano “si temono violenze”, come se chi protesta contro il militarismo è violento. Siamo al paradosso di definire violento chi è contro la guerra e il militarismo, e non chi vuole nuove basi per meglio fare la guerra. Un modo manipolatorio di dare notizie relative a proteste o a sgomberi violenti è quello di mettere vicina una notizia di criminalità, in modo da indurre l’associazione fra “delinquente” e chi protesta contro il sistema. Il 17 febbraio i telegiornali annunciavano: “Manifestazione di Vicenza… Imponenti misure di sicurezza”. Trasmettevano anche un appello di Prodi: “Le manifestazioni sono il sale della democrazia ma siate pacifici”. Il tono era quello del buon padre di famiglia, e non traspariva affatto che la realtà era esattamente l’opposto. Cioè coloro che stavano manifestando erano contro la violenza e il bellicismo americano, mentre Prodi era il politico che, lungi dall’avere a cuore il bene dei cittadini, stava sostenendo gli interessi bellici americani contro la volontà della maggior parte dei cittadini di Vicenza. Quindi, si trattava di scelte politiche non democratiche prese dal governo, ma i Tg facevano in modo da creare allarme attorno a coloro che stavano pacificamente, e giustamente, protestando. Qualche telegiornale osava un “Si temono infiltrazioni”, ma non spiegava che soltanto il sistema difeso dai politici ha interesse ad infiltrare falsi manifestanti che creino disordine e violenza (com’è accaduto nel G8 di Genova), per poterli far apparire violenti ed estremisti, come cercavano di descriverli i Tg attraverso messaggi allarmanti. Il Tg3 precisava che le forze dell’ordine erano “a difesa del centro storico della città”, come se i manifestanti fossero pericolosi e distruttivi. Poi aggiungeva: “c’è anche chi è preoccupato” e si intervistava una persona anziana che appariva confusa per le tante persone arrivate in città. Il porre l’accento sul “pericolo di violenze” serviva anche a distogliere l’attenzione dal valore che la protesta avrebbe avuto sulle scelte del governo, e a nascondere che la volontà dei cittadini non conta nulla di fronte alle imposizioni americane. Non essendoci state violenze, il giornalista del Tg2 ha messo in evidenza uno striscione che definiva di “solidarietà con i terroristi arrestati”. Un altro modo per dirottare l’attenzione e per criminalizzare il dissenso. Impegnati com’erano a colpevolizzare chi protestava contro la nuova base americana, i giornalisti dei Tg hanno omesso la notizia che la nuova base sarà pagata da noi per il 41% delle spese di mantenimento (anche per le altre basi paghiamo parte delle spese). Chi è contrario alla guerra è diventato un “estremista radicale”. Chi denuncia i crimini come la tortura è un “antiamericano”. Viene messo sotto processo chi avversa le guerre, e non chi le organizza. Nello stesso telegiornale (Tg2, ma anche gli altri erano pressoché uguali) del 17 febbraio appariva Prodi in posa accanto al presidente afghano Hamid Karzai, come se quest’ultimo fosse un vero rappresentante politico del popolo afghano e non un personaggio foraggiato da Washington. Quando i telegiornali notificano gli attentati terroristici in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan, in Turchia o in altri paesi, danno soltanto la stima dei morti e il luogo dov’è avvenuto lo scoppio, e non spiegano la situazione del paese. Talvolta menzionano al Qaeda associandola all’attentato, senza indicare le prove a sostegno di ciò. Le notizie dall’Africa, dall’Asia o dal Sud America arrivano soltanto se c’è un problema che riguarda i nostri connazionali (rapimenti, uccisioni ecc.), oppure quando ci sono le elezioni politiche, che ormai nel nostro sistema sono diventate il simbolo stesso della “democrazia”.
I Tg non parlano mai di Signoraggio, che è il metodo utilizzato dalle banche per saccheggiare i paesi. Non si parla nemmeno degli statuti delle banche e del sistema bancario della Banca Europea, che ha sottratto all’Italia ben il 38% della finanziaria, impedendo al paese una crescita economica significativa. Sono state tagliate le spese per la scuola e la sanità ed è stata aumentata la pressione fiscale, per pagare le banche e sostenere gli Usa nelle guerre. Quando si è parlato della finanziaria, nonostante lo spazio dedicato a quest’argomento, i telegiornali hanno accuratamente evitato di notificare le ingenti risorse che le banche sottraggono al paese. La trasmissione Ballarò è stata l’unica a rivelare il fatto (ma senza metterlo in evidenza). Un altro argomento tabù è quello delle regole e dell’operato delle istituzioni come il Wto, la Banca mondiale (Bm) e Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi).

Nessun telegiornale ha mai spiegato che a causa di queste organizzazioni, negli ultimi venti anni, la miseria e la fame sono aumentate, e che il collasso economico di molti paesi, compresa l’Argentina, è stato causato dalle misure imposte proprio dalla Bm e dal Fmi. Moltissimi altri argomenti non vengono trattati, ad esempio, la situazione di disuguaglianza degli immigrati, le gravi discriminazioni che essi subiscono, le persecuzioni di cittadini africani da parte dei governi fantoccio al soldo degli Usa, i massacri in Somalia, in Etiopia, in Nigeria, ad Haiti e in molti altri luoghi. Un altro argomento tabù è il denaro che lo Stato dà alle grandi aziende, somme spesso molto elevate. Il telegiornale parla di droga soltanto quando comunica la notizia che le forze dell’ordine sono riuscite a sequestrare quantitativi di stupefacenti. Ma non parla mai delle implicazioni e connivenze delle corporation e dei governi nei commerci internazionali di droga. Si parla di mafia quando si arresta qualche presunto mafioso o quando avvengono delitti, ma non si spiega cos’è davvero la mafia, e come essa sia in espansione grazie alle liberalizzazioni finanziarie, che hanno spianato la strada al riciclaggio facile. I minuti di politica interna, nei Tg, si risolvono nelle brevi interviste ad esponenti di destra e sinistra, per mostrare come ci sia una questione, una disputa, e come i duellanti siano decisi e forti. Le differenti opinioni sembrano battute teatrali, in uno scenario sempre più avvilente e assurdo. Le questioni sono trattate sempre in modo marginale e superficiale, anche quando si tratta di questioni serie, come l’invio di soldati in Afghanistan. L’informazione si riduce all’opinione dei politici, la maggior parte dei quali non oserebbe sfidare il sistema nemmeno nelle questioni minime. Alcune questioni interne non sono divulgate. Ad esempio, nel 2002, il Parlamento, quasi all’unanimità, approvò una legge che permette di abolire il tetto massimo di spesa per il “rimborso ai partiti”. I cittadini italiani avevano espresso la loro volontà di non dare denaro pubblico ai partiti, attraverso il referendum del 1993, in cui oltre il 90% degli elettori votò contro. La gente crede che oggi questa volontà venga rispettata e non è stata informata quando, nel 1999 è stata approvata una legge che di fatto reintroduceva il finanziamento pubblico ai partiti chiamandolo “rimborso elettorale”. Nel 2002 tutti gli schieramenti, ad eccezione dei radicali, votarono a favore di una nuova legge, la n. 156 del 26 luglio 2002, che titolava “Disposizioni in materia di Rimborsi Elettorali”. La legge abbassava il quorum di accesso al rimborso dal 4% all’1% e aboliva il tetto di spesa, permettendo a quasi tutti i partiti di ricevere somme molto alte di denaro pubblico. Ad esempio, Berlusconi ha incassato, l’anno scorso, 41 milioni di euro per Forza Italia, la Margherita ne ha presi 20 milioni, l’Udc 15 milioni, i Ds 35 milioni, An 23 milioni, Rifondazione 10 milioni,[1] ecc. Dato l’ingente costo pubblico che ci sarebbe stato, l’approvazione della legge era una questione molto importante per l’opinione pubblica, ma non è stata sottoposta all’attenzione di tutti noi. I Tg non ne hanno nemmeno fatto cenno. Le questioni spinose, come la malasanità o il costo pubblico di aziende privatizzate (come le ferrovie e le autostrade) vengono trattate come se il problema non fosse risolvibile e senza una sufficiente documentazione.
La cronaca rosa ha il suo spazio nei Tg, sempre più ampio: matrimoni o divorzi fra vip, se Madonna adotta un nuovo bimbo, oppure se un’attrice si è gonfiata di silicone o si droga. I servizi sulla moda, sull’elezione di Miss Italia o di Miss Universo non mancano. Talvolta i Tg riempiono spazio raccontando la storia di un animale o spiegando l’esecuzione di una ricetta. Viene documentato persino il “Raduno internazionale delle Mongolfiere”, e ci informano anche sugli ultimi modelli dei vestitini per cani e gatti. Si tratta di modi per confondere su ciò che dovrebbe essere veramente la comunicazione giornalistica, che negli ultimi venti anni è stata declassata e fuorviata nel modo stesso di intenderla. L’informazione dei Tg segue ormai il “pensiero unico” e anche la regia è unica. Si tratta delle grandi agenzie di propaganda americane, come la Heritage Foundation , l’American Enterprise Institute e il Manhattan Institute. Le agenzie di propaganda americane provvedono affinché l’opinione pubblica subisca pesanti manipolazioni, che rendano difficile una vera consapevolezza di quello che sta accadendo nel mondo di oggi. Per riuscire a capire occorre utilizzare Internet e leggere le notizie dal mondo. E’ una cosa che soltanto pochi si possono permettere di fare; e di solito non si tratta di anziani, casalinghe o persone che lavorano per molte ore al giorno, e che non hanno tempo materiale di informarsi se non attraverso la Tv. Per queste persone c’è soltanto quell’infomazione “emotiva” e distorta che serve a renderli docili e incapaci di difendere i propri diritti. Come osserva Sartori: “Sostenere che la cittadinanza dell’era elettronica è caratterizzata dalla possibilità di accedere a infinite informazioni… sarebbe come dire che la cittadinanza nel capitalismo consente a tutti di diventare capitalisti… È vero che un’immagine può valere più di mille parole. Ma è ancor più vero che un milione di immagini non danno un solo concetto”.[3] I telegiornali sono ormai rotocalchi di una realtà che non è quella in cui viviamo. Sono sempre più orientati allo spettacolo, all’appiattimento e alla banalità. Come in un circo, ognuno fa il suo numero, con l’obiettivo di emozionare, catturare l’attenzione, intrattenere e persino fare divertire.

Mentre gli eventi occultati diventano sempre più inaccettabili: quei due terzi del mondo ridotti in estrema miseria, quei milioni di bambini che per mangiare devono cercare nella spazzatura, le nostre regioni soggette al potere mafioso implacabile e crudele, le guerre contro i popoli, le dure persecuzioni contro chi lotta per la giustizia e i diritti umani… Finché il potere mediatico sarà quasi completamente nelle mani di chi vuole un sistema politico-economico basato sulla legge del più forte e sul controllo dei popoli, è ingenuo credere che le risorse umane, spirituali e culturali degli individui stiano ricevendo impulso alla loro libera realizzazione. Le sottili tecniche di coercizione, di diseducazione e di appiattimento culturale sono dirette contro ognuno di noi, come un ulteriore affronto alle nostre menti e alla nostra dignità di cittadini.

Antonella Randazzo Autrice del libro: “DITTATURE: LA STORIA OCCULTA”

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martedì 8 gennaio 2013

La Fede non Elimina la Paura

DI MARCO CANESTRARI



Ogni fede religiosa ci offre una visione diversa della vita e della morte, promettendo ai propri fedeli un'idea migliore dell'aldilà e la sconfitta della paura che ne deriva. Reincarnazione, paradiso e nirvana sono solo alcune delle promesse contenute nei libri sacri, a cui le persone si affidano, convinte di eliminare così la radice delle paure legate al loro futuro decesso. Ma possiamo risolvere davvero questo problema legandoci ad una dottrina?

In realtà quando ci affidiamo ad una fede religiosa per coprire i nostri dubbi, stiamo soltanto spostando superficialmente la nostra paura, senza risolverla. Infatti vivremo apparentemente liberi da ansie e dubbi imminenti, ma solo fino a quando qualcuno non metterà in dubbio il nostro credo o la fede a cui ci siamo legati. Stiamo quindi modificando le foglie dell'albero della paura, non la sua radice, agendo in maniera superficiale. Ed infatti perché mai ci trasciniamo dietro anche la paura, quando ci attacchiamo ad una dottrina religiosa? Ciò di cui siamo profondamente convinti non dovrebbe lasciare spazio ad alcuna esitazione, né ci dovrebbe fare paura metterlo in discussione!

La verità è che noi non crediamo davvero a queste teorie o a questi racconti religiosi. Vorremmo tanto conoscere la verità, vorremmo tanto convincerci di sapere davvero, senza ombra di dubbio, ciò che ci aspetta dopo la morte, ma il nostro intelletto ci suggerisce che credere fermamente ad una teoria solo perché l'abbiamo letta, o perché tantissime altre persone ci credono, non ha alcuna base logica. Quindi se vogliamo davvero uscire dall'ombra della paura ed avere certezze solide e tangibili, dobbiamo avere il coraggio di abbandonare ogni teoria, ogni favola ed ogni dottrina a cui siamo attaccati, per esplorare la realtà e scoprire la vita in prima persona.



Testo di Fauno Lami

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domenica 6 gennaio 2013

I Ricchi Sono Più Egoisti e Insensibili

DI SARA FICOCILLI  

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Per realizzare lo studio uno scienziato Usa ha condotto 12 esperimenti, misurando le reazioni cerebrali e il comportamento sociale dei volontari. "Le persone di ceto più basso - spiega - sono più empatiche, portate alla compassione e all'altruismo"

Egoista, insensibile e incredibilmente avaro, l'Arpagone di Molière non avrebbe avuto nessun problema ad ammettere che i ricchi sono diversi dai poveri, e che l'abisso che separa le due categorie non sta tanto nelle possibilità economiche quanto in quelle emozionali. Dura da digerire, la sua teoria è stata snobbata in favore di quella della telenovela più famosa del mondo, anche i ricchi piangono, ma dopo quasi quattro secoli per il commediografo francese è arrivato il momento della rivincita. Lo psicologo e sociologo Dacher Keltner della University of California di Berkeley sostiene infatti che i ricchi sono più egoisti e meno capaci di empatia dei meno abbienti e che a renderli diversi sono proprio le diverse esperienze di vita, fatte di agi, comodità e amicizie compiacenti. 

Per realizzare lo studio Social Class as Culture: The Convergence of Resources and Rank in the Social Realm, Keltner ha condotto 12 esperimenti, misurando i livelli di empatia cerebrale e il comportamento sociale dei volontari. "Le persone di ceto più basso - spiega su Current Directions in Psychological Science - sono più empatiche, portate alla compassione e all'altruismo. Quelle di ceto più alto pensano che il successo economico e l'ideologia politica debbano dettare il loro comportamento ed agiscono eticamente solo per queste ragioni". In uno dei test lo psicologo, aiutato da altri colleghi, ha chiesto a 115 persone di giocare al "dittatore", un esercizio comunemente usato per misurare il comportamento economico di una persona e che consiste nell'affidare ai partecipanti un partner sconosciuto e dieci gettoni (che corrispondono a vero denaro), proponendo loro di dividerli con l'altro a discrezione. I volontari più poveri si sono mostrati i più generosi.

Per il suo studio Keltner ha anche studiato i meccanismi di attivazione del nervo vago, che aiuta il cervello a ricordare e registrare gli input emozionali che arrivano dall'esterno. Alla vista di un bambino affamato, ad esempio, esso si attiva e lo psicologo ha rilevato un'attivazione più intensa nelle persone di ceto basso. Autore del libro Born To Be Good: The Science of A Meaningful Life, Keltner sostiene inoltre che le persone meno abbienti sono più abili di quelle benestanti nel decifrare le emozioni dei volti ritratti in fotografia, e questo appunto perché più empatiche. Una teoria confermata da un altro studio californiano condotto su 300 dipendenti dell'università e pubblicato qualche mese fa su Psychological Science, secondo cui i più ricchi sono meno capaci di "leggere le emozioni degli altri" e posseggono quindi meno "accuratezza empatica". Nessuna ricerca è ancora riuscita a capire fino in fondo il perché di questi limiti. Secondo David Neal della University of Southern California di Los Angeles e Tanya Chartrand della Duke University Fuqua School of Business di Durham, in North Carolina, il colpevole potrebbe essere un farmaco molto caro all'upper class, il botox, che ostacolerebbe la capacità di leggere le emozioni.

A queste differenze "interiori" si sommano naturalmente anche quelle di fatto, esasperate dalla crisi economica. Proprio la scorsa settimana il New York Times ha messo in evidenza che l'aumento dei prezzi dei beni di lusso non ha particolari effetti sulle vendite: "Se il costo di un paio di scarpe passa dagli 800 agli 860 dollari, chi vuoi che se ne accorga?", ha dichiarato uno dei responsabili della fashion boutique Saks. E secondo l'agenzia Gallup oltre l'80% del benessere negli Usa è controllato dal 20% della popolazione, ma gli americani che guadagnano più di 90 mila dollari l'anno si rifiutano di contribuire al superamento della crisi pagando più tasse. Il divario tra ricchi e poveri è sempre più marcato anche in Italia: stando ai dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) il nostro è uno dei Paesi industrializzati con la maggiore disparità dei redditi, al quinto posto tra i 17 che hanno segnato un ampliamento del gap tra il 1985 e il 2008, davanti a Messico, Stati Uniti, Israele e Regno Unito.

FONTE: REPUBBLICA

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mercoledì 2 gennaio 2013

TV La Fiera delle Apparenze

DI ISABELLA MOCCIA

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Negli ultimi anni, per conciliare il sonno mi affido all’efficacia soporifera dei programmi tv. Fare zapping, saltando da un canale all’altro, da sempre ingenera quell’ebbrezza di onnipotenza, quell’illusione di poter scegliere, quell’ubiquità che ci consente di vedere contemporaneamente più canali stando appollaiati sul proprio divano.

Infatti, il telecomando rappresenta di solito un po’ lo scettro del potere e soprattutto in passato, quando nelle case troneggiava un solo televisore, rappresentava spesso oggetto di contesa tra i componenti di uno stesso nucleo familiare. Tuttavia, la tv era un’aggregante scatola magica, forniva spunti di conversazione ed in quell’alternanza di consensi e critiche induceva a dover scegliere cosa guardare non mettendo tale decisione sempre tutti d’accordo. Oggi la scatoletta in versione digitale è presente in quasi tutte le stanze delle case nel numero dei suoi abitanti, la sua funzione, più evasiva che informativa, è diventata individuale, per cui spesso accade che ognuno fruisca del suo programma preferito in completa solitudine. Ciò che viene trasmesso è in parte il riflesso della società e di conseguenza è anche espressione di quei valori da essa trasmessi. In realtà è difficile stabilire se il linguaggio pubblicitario, cinematografico e televisivo venga influenzato dai mutamenti sociali o  se, viceversa, detti nuove norme e modelli da seguire condizionando i comportamenti e i gusti delle persone, soprattutto dei più giovani. Tra i vari talent show, fiction e reality sembra quasi che la realtà sia quella vista in televisione, ossia se una cosa è detta in tv allora è sicuramente vera, se il tronista, il personaggio del grande fratello viene osannato come una divinità allora quella fama tangibile diventa l’obiettivo di molti giovani che crescono ispirati da quel modello di comportamento. La scelta del termine “reality” è fuorviante, perché se quella fosse la realtà sarebbe davvero triste la vita. I protagonisti di questi programmi non sono rappresentativi dei giovani italiani ma solo di una parte e spero anche piccola. Un trionfo di ignoranza, aggressività ed esibizione di sé e del proprio corpo che non può e non deve essere il modello di riferimento. Sicuramente guardare donne starnazzanti che si accapigliano su un’isola e uomini che sbraitano per primeggiare nella giungla televisiva può scatenare una curiosità a volte morbosa che a confronto una Rita Levi Montalcini, un Piero Angela o una qualunque persona dalle concrete qualità intellettive risulta decisamente  meno attraente e appariscente, almeno in prima istanza.  Sembra che la comunicazione sia manovrata e gestita allo scopo di seminare nelle menti ancora acerbe il seme dell’ignoranza, del cattivo gusto, dell’improperio verbale, del superfluo insomma di tutto ciò che domina la religione dell’apparire.

La realtà  si disperde in una fiera delle apparenze dove tutto è quasi vero, o meglio è percepito come tale, ma in realtà è recitato a soggetto cioè con la tecnica dell’improvvisazione. Dunque tutto appare reale ma non lo è, tuttavia la sfumatura diventa così sfocata per cui gli stessi protagonisti perdono di vista il senso reale delle cose e della vita. Ovviamente non tutto ciò che si vede in tv è antieducativo, violento e superficiale. Essendo specchio della società ne contiene sia gli aspetti positivi che quelli negativi. Il punto è che tutti i programmi che potrebbero essere interessanti da guardare vengono relegati in orari assurdi, oltre ad essere generalmente poco o per nulla pubblicizzati, con la conseguenza che, in nome del “dio audience”, spesso si decide di sospenderli definitivamente. Criticare i modelli propugnati dalla tv sembra essere il solito discorso retorico e per giunta approssimativo, ma quando questi prendono vita negli atteggiamenti, nei desideri e nel linguaggio della maggior parte dei giovani allora credo ci si debba fermare a riflettere.

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